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Un cuore buono
«È buffo come da bambini si pensi che il tempo non passerà mai; poi, dal momento in cui si raggiungono i vent’anni passa svelto come il rapido per Memphis. Io credo che succeda a tutti: la vita ti scivola addosso. Di sicuro è successo a me. Un giorno ero una bambina e il giorno dopo ero una donna adulta, con il petto e i peli non vi dico dove. E nel frattempo non mi ero accorta di nulla. Ma io non sono mai stata troppo brava a scuola…»
Alabama, il Caffè di Whistle Stop, sito nei pressi del binario della ferrovia del luogo, è il centro di riferimento e il punto di ritrovo di avventori di ogni tipo (dai barboni allo sceriffo della cittadina passando per le persone di colore e ogni altra persona desiderosa di gustarsi un buon pasto). Aperto nel 1929 e cioè negli anni della Grande Depressione da Idgie Threadgoode e la più che amica Ruth Jaminson, il locale è noto oltre che per le grandi prelibatezze anche per le qualità di grande tolleranza delle due padrone che nella gestione vengono aiutate da una famiglia di colore composta dalla cuoca Sipsey, Onzell e Big George.
«Ora che ci penso, Idgie e Ruth comprarono il caffè nel 1929, nel momento peggiore della Depressione, ma non credo che abbiano mai fatto uso della margarina. O perlomeno io non me ne ricordo. È strano, il mondo pativa la fame, ma al Caffè gli anni della Depressione furono forse i più felici e non lo sapevamo»
1986. Virginia Threadgoode, Ninny per gli amici, ha deciso di fare compagnia alla signora Otis e per questo ha accettato di essere ospite presso la casa di riposo Rose Terrace. Ma sia chiaro, le farà compagnia soltanto fino a che non si sarà ambientata, poi, tornerà a casa, dai suoi amici, i suoi affetti e soprattutto dalle sue abitudini! Durante una domenica come tante in cui il tempo nella struttura scorre con inesorabile lentezza ecco che quel qualcosa capace di smuovere l’ordinarietà conclamata, accade. Si tratta di un incontro casuale, quello con Evelyn Couch, ma che avrà la forza di rendere quei giorni di visita degli appuntamenti imperdibili per entrambe le protagoniste. Da sempre Evelyn vive nella paura. Nella paura di deludere il prossimo, nella paura di non essere all’altezza, nella paura di essere giudicata, nella paura della malattia, nella paura del medico, nella paura di tutto. Il suo è un timore radicato e covato nelle intimità più profonde che non le permette di vivere serenamente anche adesso che è prossima alla menopausa e vittima di un costante aumento di peso che sembra averla presa di mira più di ogni altra persona. Con Ninny inizia un viaggio nel passato tra gli odori del caffè e i fischi dei treni, tra i razzismi e le discriminazioni radicate, tra il semplice scorrere di vite tra loro intrecciate da legami indissolubili.
A ciò si contrappone una terza narrazione incentrata questa volta sugli anni successivi al Whistle Stop e in particolare a quegli anni che hanno condotto al presente della narrazione, ovvero, agli anni ’80.
«C’è qualcos’altro che devi sempre ricordare. Ci sono persone magnifiche su questa terra, che se ne vanno in giro travestite da normali esseri umani. Non scordarlo mai, Stump, hai capito?»
Quello di Fannie Flagg è un racconto semplice e genuino, dai toni spensierati e apparentemente leggero, un racconto che sa far ridere fino alle lacrime e al contempo commuovere per le grandi problematiche trattate. Perché tra le righe, tra le battute e le vicende che si susseguono, tra gli avvenimenti che ci dimostrano quanto l’esistenza possa essere ingiusta, fragile e brutale, l’autrice tocca problematiche attualissime e che ci sono vicine: l’odio razziale, l’invalidità, l’omosessualità, la discriminazione, i clochard, la disparità tra uomo e donna, la solitudine, la difficoltà del lavoro, l’insoddisfazione personale, il timore di non essere all’altezza, la morte, l’eutanasia, la malattia, la giustizia, le ingiustizie, la terza età, l’amore, la memoria, la forza del ricordo, i cuori buoni, il tempo che passa e inesorabile porta via con sé fumi, odori, polvere, equilibri.
«Per la prima volta in vita sua Idgie rimase senza parole. Per anni il Club dei cetrioli sottaceto aveva raccontato le bugie più assurde, credendo di essere imbattibile, e in cinque minuti Scroggins li aveva umiliati tutti quanti. Era stato talmente convincente che lei stessa per poco non gli aveva creduto.»
Il tutto con una scrittura semplice, forse non particolarmente erudita, ma comunque di gran pregio e capace di alternare senza difficoltà spazi temporali e voci narranti. I personaggi che traggono linfa da questa penna sono tangibili con mano e durante il viaggio diventano amici per il lettore che finisce per il custodirli tutti nel cuore. Uno ad uno.
Un componimento che ho rimandato per anni, un elaborato che tocca le corde più intime del conoscitore, uno scritto intriso di tanti valori e con grandi lasciti.
«Finché una persona non viene messa alla prova, non si può mai sapere che cos’ha in cuore»
«No, non era la morte a spaventarla. Era questa sua vita di ogni giorno, che cominciava a ricordarle troppo da vicino la grigia sala d’aspetto del reparto di terapia intensiva.»
«Pensava di esser pronta ad accettare la necessità di lasciarla morire. Ma nessuno è mai veramente pronto a spegnere la macchina che tiene in vita la propria madre, nonostante quello che credeva di poter pensare prima. Significa spegnere la luce della propria fanciullezza e andarsene, così come si spegne una lampadina prima di uscire da una stanza.»
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Ho sentito e letto pareri positivi su questo libro. Prima o poi lo leggerò.