Dettagli Recensione
Gioco fatale
Era un estate torrida di circa tre secoli fa. Ero sedicenne e stavo in Puglia con altri giovani ragazzi, in una specie di campeggio. I ricordi sono sbiaditi, ma non posso dimenticare quando una ragazza, mi fece dono del mio primo libro, non legato a quelli scolastici.
Fu l'esordio della mia passione per la lettura, che ha inevitabilmente condizionato ed indirizzato la mia vita fino ad ora.
La giovane, mi regalò questo "lupo della steppa", titolo profetico che poi negli anni a seguire è stato un po come rispecchiare il mio incedere nel mondo. Non dico che sono un vero e proprio lupo come il protagonista, però mio malgrado mi sento anche io un po un tipo solitario, che ama il proprio spazio e che ha perso la retta via per qualche donna.
Scusate il divagare, ma ogni volta che penso a questo romanzo, non posso che rievocare questi momenti. E' come quando si sente una canzone, magari dimenticata da anni, ma poi bastano due note e all'improvviso rivedi una parte della tua vita che pensavi fosse ormai perduta nel tempo.
A mio avviso è il miglior libro di Hesse, che abbandona i toni gioiosi, fantasiosi e spesso stucchevoli di SIddharta, per immergere il lettore nell'ambivalenza del pensiero umano, mosso da istinti di sopravvivenza e da istinti completamente irrazionali.
Nella vicenda di questo lupo che vive quasi isolato, irrompe, come fulmine la bellezza di una giovane e letale ragazza, che da una parte risveglia le passioni del povero protagonista, dall'altra lo porterà a un allucinato delirio.
La scena della festa, delle maschere è meravigliosa. Si possono sentire le note, i corpi sudati ondeggiare nelle sale, si percepisce la bellezza mortifera della ragazza e soprattutto si percepisce il primo bagliore di delirio che travolgerà, l'anima sopita del nostro eroe.
Il lupo della steppa, indaga sulle conseguenze, spesso tragiche che possono avere il desiderio, la lussuria, la paura della solitudine quando convergono in un anima già provata dalla spietatezza della vita.
Cosa c'è di più tremendo, nel provare solitudine, poi all'improvviso come per magia essere nuovamente in compagnia di un anima che ci capisce, che ci conforta e che ci fa dono del proprio magnifico corpo. E poi come nel più beffardo dei giochi, quando si pensa che finalmente si è davanti a un alba, ecco che scorgiamo in lontananza i segni nefasti del sopraggiungere di una nuova disperazione, che qualcuno vuol portarci via la tanto agognata felicità che abbiamo disperatamente agognato.
Vorrei finire con un pensiero verso quella bella e giovane ragazza che mi fece questo dono quando ero così giovane e sprovveduto. Ormai siamo perduti in questi mondo, forse non ci incontreremo più, ma sappi che mi hai fatto uno dei regali più preziosi che abbia mai ricevuto. Mi hai donato l'amore per i libri, per l'arte e quindi mi hai aiutato a sopravvivere all'oblio che verrà ed è per questo che te ne sarò per sempre grato.
Indicazioni utili
L'idiota
Morte a Venezia
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