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Anime in un'attesa fatta di solitudine.
«Il disastro era svanito nel nulla, come il treno stesso, e se la calma che lo seguì non fu più grande della calma che l’aveva preceduto, l’impressione fu comunque quella. E la normalità si ricompose senza alcuna cicatrice come immagine sull’acqua»
Siamo a Fingerbone, un luogo che sembra sprofondare nella nebbia, che sembra inghiottire tutto quel che incontra, quando Ruthie e Lucille, dai capelli rossi, poco più che bambine, vincono l’attesa con un pacco di biscotti. Sono state lasciate sulla soglia della casa della nonna da un madre decisa a porre fine alla sua vita con una macchina lanciata a tutta velocità in quel dirupo e su quel lago che lo stesso nonno si era portato via anni e anni prima con lo stesso identico silenzio apparente. Cresciute prima dalla nonna, poi, al suo trapasso, dalle cognate, poco più giovani della defunta e in una condizione economica precaria, e infine da Sylvie, la zia, la sorella di quella madre venuta a mancare troppo presto, le sorelle hanno anime molto diverse che verranno forgiate proprio in virtù di quegli insegnamenti ricevuti. Quando Sylvie torna a far parte della loro esistenza è una donna di circa trentacinque anni, fatta di una calma che sembra gentilezza, riserbo assoluto e assoluta modestia. È alta, di struttura esile. I capelli sono castani, mossi, puntati dietro le orecchie con forcine, i lineamenti sono provati. È una figura poco incline alle convenzioni sociali, è dedita al vagabondaggio, è abituata a viaggiare su treni merci e a non avere una fissa dimora tanto che apprende del decesso della nonna praticamente una volta sopraggiunta alla sua casa. Ciò la rende un personaggio inusuale, la porta a crescere le nipotine a contatto con la natura, lasciandole girare per i boschi piuttosto che obbligandole ad andare a scuola o a piegarsi a quelle che sarebbero le linee ferree dettate dalla società. È disordinata, non si cura della casa, colleziona giornali, lattine e gatti fino a che, per naturale conseguenza, la comunità non inizia ad interessarsi ai fatti che si manifestano dietro quelle mura. Le personalità si forgiano, gli anni portano Ruth e Lucille a intraprendere strade diverse. Se all’inizio tenderanno ad assecondare la zia, successivamente Lucille lascerà la casa alla ricerca di una “normalità” e una convenzionalità sconosciuta mentre Ruth abbraccerà quel modello proposto da Sylvie.
Voce narrante dell’opera non è altro che una Ruth già adulta, ma protagonista indiscussa è Sylvie. Sylvie con il suo passato misterioso, Sylvie con la sua presenza silenziosa nei luoghi più bui, Sylvie con la sua costante ricerca di sé. Assenze, immobilità, attese, perdite, lutti, solitudine, dolore. Un dolore sordo. Un dolore che si dipana tra i due volti di un’America al contempo conservatrice e idealista.
Uno scritto in superficie quieto, scandito da un ritmo ben cadenzato e lineare, dalle molteplici tematiche affrontate, che tocca le corde più sensibili dell’anime che resta. Con genuina semplicità.
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