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Padri, figlie, vite.
«Gli succedeva sempre. I suoi sogni predicevano cose assurde, impossibili: stalattiti che spuntavano dal soffitto; lui che apriva una porta e trovava il bagno pieno di ghiaccio in via di scioglimento. E predicevano cose normalissime: una donna che lascia cadere una rivista; il gatto recapita un passero spezzato alla porta di servizio; una borsa cade da una cappelliera e il contenuto va in frantumi nel corridoio. Come i sogni, queste apparizioni gli tendevano l’agguato ai margini tormentati del sogno, e una volta concluse andavano quasi sempre perdute, si disgregavano in frammenti che in seguito lui non riusciva a ricomporre»
Il suo nome è David Winkler, ha cinquantanove anni e da venticinque è la prima volta che torna a casa… Se ancora così poteva definirlo quel luogo. Un tempo era stato padre, marito, idrologo; adesso non era più certo di essere alcuna di queste cose. Da Kingstown, Saint Vincent, a Cleveland, Ohio, con scalo a Miami; questo il suo tragitto, questo il lungo viaggio da percorrere per tornare a quel passato che ormai è soltanto memoria. Ma cosa è successo? Perché David se ne è andato e ha rinunciato a tutto? Per un sogno. Non un sogno qualunque, bensì una di quelle che per lui sono premonizioni e che colorano la sua dimensione onirica dall’infanzia. Dopo averla conosciuta in quel supermercato con quelle due file di denti, quella polvere che le fluttuava tra le caviglie, quella rivista e quei cereali, dopo esser fuggito – quasi come se questa fosse l’unica costante della sua vita – con lei già di lui incita, perché andarsene, perché dar così credito a quel parto poco felice della sua fantasia? Perché in quella visione è sua figlia Grace a morire mentre lui la stringe tra le braccia preda del senso di colpa per non essere riuscito a salvarla dall’acqua.
È da questi brevi assunti che ha inizio “A proposito di Grace” di Anthony Doerr autore de “Tutta la luce che non vediamo” e vincitore con quest’ultimo del Premio Pulizter 2015. Oltre che alla figura centrale del protagonista, del suo dono e delle sue paure, tema centrale dell’opera è l’acqua in tutte le sue declinazioni. Dal temporale al fiocco di neve. Con tutte le sue molecole, con tutto il suo movimento, con tutta la sua interminabile vita. Acqua a cui si somma il binomio del tempo che a sua volta è fondamentale per l’esistenza scandendone bisogni, necessità, circostanze, situazioni sino alla constatazione finale del sopraggiungere di quell’epilogo chiamato morte e di quel ciclo che si chiude.
«Cos’è il tempo? Deve per forza scorrere in sequenza – dall’inizio al mezzo alla fine – o esistono modi diversi di percepirlo? Forse il tempo può rovesciarsi, congelare e ritirarsi; forse il tempo è come l’acqua, un ciclo infinito tra stati diversi»
La paura dell’acqua porta David and andarsene, porta David a fuggire dal pericolo della perdita della sua bambina, porta David a rivivere la stessa paura prima per Grace poi per la giovane Naaliyah che in un certo senso cresce e vede sbocciare nella sua variopinta anima.
Ma il caos necessita di ordine, necessita, prima o poi, di essere domato. E così Winkler non potrà far altro che cercare di riordinare quei tasselli, di ricostruire quel nucleo familiare che potrà davvero scrivere il significato di quegli anni trascorsi troppo in fretta.
Un libro forte, introspettivo, caratterizzato da molteplici spunti di riflessione sul vivere, sopravvivere e morire, avvalorato da una penna estremamente descrittiva che rende possibile anche l’approfondimento scientifico e da un cerchio condotto da un filo indissolubile che si conclude in modo ineccepibile è “A proposito di Grace”. Un elaborato di grande interesse che lascia il segno riuscendo a farsi amare pagina dopo pagina.
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Grazie per le tue parole, Marianna.
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