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In caso di disgrazia
 
In caso di disgrazia 2019-07-24 08:16:30 FrancoAntonio
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3.8
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3.0
FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    24 Luglio, 2019
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Il fascicolo “Gobillot”

Lucien Gobillot è un avvocato parigino di grande successo. Negli ambienti del Palazzo di giustizia si usa dire che se si è innocenti va bene qualsiasi difensore, ma se si è colpevoli e si vuol essere assolti allora ci si deve rivolgere a Gobillot. La sua vita privata, però, non è altrettanto soddisfacente. È sposato con Viviane, vedova dell’avvocato da cui fece pratica, donna di spiccata intelligenza e abilità, che gli ha consentito di risalire la scala sociale e ritagliarsi una ragguardevole nicchia nella élite parigina. Ma Gobillot vive questa sua condizione come un inevitabile onere imposto dalle convenzioni sociali; accetta con frustrante inquietudine e cupa rassegnazione la routine quotidiana, divisa tra Tribunale, studio e incontri mondani al seguito della moglie.
La sua vita ingessata subisce, però, un inaspettato stravolgimento quando una sera gli si presenta in studio Yvette, una ragazzina sfrontata e affascinante che confessa una tentata rapina e gli offre spudoratamente il suo corpo come onorario. Accettato l’incarico e ottenuta l’assoluzione in modo clamoroso e assai poco deontologico, Gobillot, ormai catturato dal fascino perverso della ragazza, intraprende una relazione con lei in modo sempre più scoperto, mentre la moglie tace e tollera, seppure a fatica, l’umiliante ménage a trois.
Nei primi giorni di un piovoso novembre, Gobillot decide di aprire una pratica a proprio nome come se dovesse istruire un procedimento che lo riguarda. Dopo le prime frasi, impostate quasi come per un testamento, il fascicolo si riempirà di una specie di memoriale nel quale l’avvocato annoterà con scrupolosa attenzione tutto ciò che gli accade, ma soprattutto quelle che lui pensa siano le cagioni del suo agire e del suo progressivo degradarsi nella situazione in cui versa che egli stesso ritiene assurda e ridicola, ma dalla quale non riesce a uscire. Ed è dal memoriale che apprendiamo gli antefatti, i turbamenti, le angosce e gli imprevisti e drammatici sviluppi di tutta la vicenda.
Gli eventi subiranno una tragica, ma forse prevedibile, accelerazione quando un giovane studente infatuato di Yvette comincerà ad avanzare pretese sulla ragazza - ormai ospitata stabilmente in un appartamento di Gobillot a pochi passi dalla residenza coniugale - e si farà minaccioso.

Lo stile che George Simenon usa nei suoi cosiddetti “romanzi duri” (tra i quali rientra a pieno titolo questo “In caso di disgrazia”) è assai diverso dalla prosa agile e scattante del ciclo di gialli con protagonista Maigret.
Queste storie, assai più cupe e opprimenti, procedono con studiata lentezza, accumulando le vicende gradualmente per stratificazione delle une sulle altre. Meticolosamente i fatti vengono introdotti e incastrati tra di loro a creare l’inesorabile meccanismo che, alla fine, intrappolerà i protagonisti portandoli alla perdizione che essi stessi si sono guadagnata se non addirittura ricercata. La psiche umana viene attentamente esaminata e sezionata, in tutte le sue sfaccettature, senza alcuna indulgenza o pudore. Le bassezze e le meschinità dell’animo umano sono portate allo scoperto.
Nella fattispecie Gobillot si confessa completamente al lettore nel suo scritto, con una sincerità che non avrebbe se dovesse narrare a viva voce la propria vicenda. Sulla carta egli ha il coraggio di ammettere la propria sconfitta di fronte a un sentimento che non comprende e controlla, ma che ritiene non abbia nulla a che vedere con l’amore romantico. È questa solo una forma di schiavitù a passioni più primordiali e istintive che, in quanto tali, hanno la meglio sull'individuo razionale e compassato che lui cercherebbe di impersonare? Gobillot ce lo suggerisce senza prendere posizione. Alla fine egli ci appare come un perdente, nonostante il suo successo professionale e sociale. Anche quando cercherà di mostrarsi duro e implacabile, in realtà si limiterà ad arrendersi agli eventi che subirà passivamente più che contribuire a determinarli. Quindi un protagonista tutto in negativo.
Tuttavia anche coloro che gli gravitano attorno non sono esenti da mende, neppure le presunte vittime di torti. Chi per un verso chi per l’altro si mostrano a noi nel loro lato peggiore, più meschino e corrotto. Forse colei che ne esce meglio è proprio Yvette che, nonostante la sua immoralità, le sue bugie, il suo opportunismo risulta l’unico personaggio spontaneo e vero, che combatte lo spettro della povertà e dell’abbandono che la terrorizza con le uniche armi che conosce: la seduzione del suo corpo e l’assoluta assenza di inibizioni.
Simenon era uso dire che il suo stile scaturiva dalla vicenda che raccontava e ad essa si adattava. In questo romanzo si percepisce quasi tangibilmente l’oppressione determinata dalla vicenda narrata. Se da un lato ciò è un mirabile pregio che va riconosciuto all’A. dall'altro è inevitabile che la prosa divenga difficile da leggere, faticosa, a tratti quasi tediosa. Si procede solo per brevi brani, si arranca per giungere alla fine; sospirata anche se, da subito, si presagisce che sarà tragica. Questa ci lascia un sapore amaro in bocca, in parte per essere oltremodo realistica e “scontata”, in parte per il tono di gelida notifica con il quale ci viene comunicata.
Da quanto sopra detto la piacevolezza della lettura ne viene inevitabilmente sminuita senza per questo che il valore dell’opera ne tragga alcun nocumento.
Tra l’altro debbo confessare che la storia, così ben raccontata e congegnata, mi ha stimolato il desiderio di vedere (rivedere?) il film che ne fu ricavato nel 1958 ed ebbe come fantastici interpreti Jean Gabin e Brigitte Bardot, per poter dare un volto alla tragedia di Lucien e Yvette.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
...a chi ama il Simenon più duro e crudele, quello di romanzi come "La camera azzurra", "L'uomo che guardava passare i treni" o "La neve era sporca".
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