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“Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no
«Niente cambierà e noi lo sappiamo. Non ci sarà società migliore. Lo si accetti o non lo si accetti. Qui, abbiamo un piede nella fossa, con le nostre illusioni e i nostri credi scomparsi. Una folla come un’assoluzione per l’espiazione dei peccati commessi per l’idea. Per le vittime, questo non cambia niente. Non ci sarà scusa, riparazione, funerale di prima classe. C’è qualcosa di peggio di far male volendo far bene? Quella che si sotterra qui è un’epoca compiuta. Difficile vivere in un universo senza speranza.»
Aprile 1980. Il funerale, il funerale dello scrittore. Anni di separazione, di perdita. Ritrovarsi, seppur in una circostanza non lieta.
Parigi, 1959-1960. Michel Marini ha undici anni, è figlio di immigrati italiani e vive in una famiglia allargata dai rapporti turbolenti. Ama leggere, follemente. I libri sono il suo rifugio, la porta per accedere a nuovi mondi, per vivere mille vite e per capire la realtà che lo circonda. La sua è un’esistenza piuttosto normale che si snoda tra l’odio per la matematica, le partite a calcio balilla, i primi amori, le prime delusioni sentimentali e le prime marachelle. Poi, un giorno come tanti, una stanza, sita nel locale dove si svolgevano le sfide con i coetanei, nascosta da una tendina a cui spesso non dedicava più che un’occhiata fugace, lo colpisce a tal punto da portarlo a spostarla, quella tendina e a leggere di quell’insegna: “Club degli Incorreggibili Ottimisti”.
La decisione è presa, la porta è stata varcata. Ma la sorpresa non è tanto e soltanto trovarsi innanzi ad un esclusivo circolo di scacchi, quanto, al contrario, ritrovarsi a vedere Jean-Paul Sartre e Joseph Kessel giocare insieme nella fumosa saletta interna di quel bistrò popolare. Personaggi famosi di cui è impossibile non restare affascinati, personaggi famosi che se la ridono come studentelli ma che si avvicendano a persone che sono anche l’espressione di una realtà politico-economico-sociale negli anni della Guerra Fredda, negli anni del comunismo, negli anni del socialismo, negli anni della decisione. Perché quegli scacchisti, rifugiati dell’est, avevano scelto la libertà e per scegliere e conquistare questa libertà avevano dovuto abbandonare mogli e figli, famiglia e amici. Anche per questo il gruppo era interamente maschile, senza la presenza di alcun membro femminile. Al suo interno, ancora, due erano le sottocategorie: i nostalgici che avevano tagliato il cordone con il socialismo e coloro che continuavano a crederci ed erano dilaniati da dilemmi insolubili.
«Dopo essere stati abbonati al quotidiano unico, ora assaporavano con gioia il piacere di poter scegliere il giornale della loro fede politica. Leggevano tutto ciò che capitava loro sottomano, si stupivano che un giornalista criticasse un ministro senza essere arrestato e fucilato o che un giornale mettesse in dubbio la parola del governo senza sparire dalla circolazione.»
Crescere, decidere cosa fare della propria vita, chi essere. Forse un fotografo? Ma come imparare se quella maledetta prospettiva non riesci a farla tua? Di certo non un matematico. Ma cos’altro? Cosa sta succedendo? Perché la società sta cambiando?
Con leggerezza e con grande armonia, alle vicende personali del protagonista e dei suoi amici e familiari, vengono affiancati e intermezzati quegli avvenimenti storici che hanno portato al nostro oggi. Ciascun personaggio li vive con la percezione distaccata di quell’avvenire che avviene ma che è come se non li riguardasse, come quella cascata che scorre e di cui ci si accorge in ritardo, a posteriori. Eppure, di quei giorni, poi abbiamo memoria, abbiamo consapevolezza, abbiamo certezza. Michel ce li racconta questi anni di cambiamento e di evoluzione con l’ingenuità della sua età, con il sarcasmo, l’ironia, la rabbia e il disincanto dell’adolescente che si affaccia all’età adulta.
Il tutto con una prosa veloce, accattivante e magnetica che sa far breccia nel cuore del lettore e accompagnarlo in un viaggio che ha il sapore degli anni ’60, degli usi e costumi, dei ruoli familiari, del ricordo, della speranza, della letteratura (meravigliosi i passaggi in cui vi è la disputa tra Sartre e Camus nonché in cui il protagonista viene introdotto alla lettura di “Fahrenheit 451” di Bradubury), dei valori.
«Lei ha aperto il libro. Ho letto la prima riga: “Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no”. Non sembrava difficile. Ho sentito nascere in me un interesse. Voleva dire che ero un uomo in rivolta?» (cit. nel testo di Albert Camus, “L’uomo in rivolta”).
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