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Due...in uno?
A leggere il titolo di questo romanzo - complice la copertina -, siamo portati a pensare a tutto ciò che è "due" nel senso di "unità": la magia di due cuori che battono all'unisono, l'ardore di due corpi fusi in un unico abbraccio, insomma, per dirla in breve, l'utopia di un amore perfetto. Ben presto, però, la lettura del romanzo ribalterà completamente le vostre attese.
Sì, perché "due", per i personaggi del romanzo, vuol dire soprattutto "dualità", quindi crisi, conflitto, separazione; ma anche, finito il tumulto, crescita, maturazione, nuova unità. O, al contrario, volendo dare un’interpretazione più disincantata dell’opera - che, anche in questo, presenta un’intrinseca “dualità” -, l’Autrice potrebbe suggerirci che ogni deviazione dall’ordine sociale prestabilito significa, a lungo andare, logoramento ed autodistruzione; così, per forza di cose, l’individuo sarà portato, prima o poi, a rivalutare il senso della vita accettando come unica possibilità di salvezza la serenità di un’esistenza in armonia con se stesso e con il proprio ruolo nella famiglia e nella società.
Occorre considerare, inoltre, che il romanzo, apparso nel 1939 e ambientato qualche anno prima, tra gli anni Venti e i primi anni Trenta del Novecento, nasce in un periodo di estrema precarietà degli equilibri sociali e internazionali, permeato dal recente ricordo della Grande Guerra e già gravido delle tensioni politiche che porteranno all’esplosione della Seconda Guerra Mondiale ed alla tragedia dell’Olocausto (in cui, peraltro, perderà la vita la stessa Némirovsky, morta ad Auschwitz nel 1942).
Dunque, l’opera sembra rispecchiare in pieno i contrasti della sua epoca, sospesa tra un forte desiderio di riscatto e la paura di un futuro quanto mai incerto. Gli stessi protagonisti dell’opera, Antoine e Marianne, sperimentano la volubilità e l’incostanza di affetti e situazioni: dallo slancio giovanile di un amore che, pur tra vari contrasti, sembrava l’unico degno di essere vissuto, i “due” si ritrovano, in poco tempo, ad essere un marito e una moglie quasi indifferenti l’uno all’altra, soffocati – ma, al tempo stesso, inevitabilmente uniti – dai banali ingranaggi della quotidianità. Del resto, non c’è nessun personaggio, in questo libro, che possa dirsi davvero felice: ad esempio, i vecchi genitori di Antoine, il signore e la signora Carmontel, hanno alle spalle una vita di insoddisfazioni e malesseri, mentre dei coniugi Segré, genitori di Marianne, si dice che hanno sempre condotto un’esistenza disordinata, restando insieme per pura convenzione sociale e non badando più di tanto alla crescita ed alle frequentazioni delle tre figlie. Solange, invece, migliore amica di Marianne, all’inizio così piena di vita, avrà suo malgrado un destino difficile; e finanche Dominique, amico ed ex coinquilino di Antoine, giovane colto ed idealista, dovrà adeguare le sue aspirazioni alla realtà, rinunciando al vero amore, almeno nella vita coniugale.
Insomma, realismo e disincanto sono i toni prevalenti nel romanzo.
Ma forse, nonostante tutto, si vive e ci si salva soltanto in due.