Dettagli Recensione
Scelte e colpe, vivere o morire
«Chi prende in mano un violino, o qualunque altro strumento musicale, compie un gesto di speranza che comporta il desiderio di un futuro»
Fiona Maye è giudice presso l’Alta Corte britannica sezione famiglia. È una donna metodica, decisa, devota, devota al suo lavoro e alla legge perché è sempre stata convinta di «poter restituire ragionevolezza a situazioni senza speranza», perché ha sempre creduto in quei dogmi, in quelle leggi, in quelle sentenze che hanno sancito i principi dei bisogni del figlio sui genitori, dei coniugi e di ogni altro rapporto insito in questo ambito. Tuttavia, proprio quando è così rapita dal caso di due giovani bambine, ecco che il marito, all’età di cinquantanove anni le confessa di aver bisogno di un’amante perché il loro rapporto è venuto meno, è scemato, è caduto nell’oblio, è stato offuscato e sostituito da altro. I loro contatti fisici e mentali sono ridotti al nulla, non vi è più scambio e interazione nel loro legame talché ha bisogno di qualcosa di più, di emozione e sentimento. Ma come può Fiona comprendere davvero quel che il marito cerca di dirle? Come può far proprio il pensiero di un uomo che, a suo giudizio, non si rende conto di quei sacrifici che lei ha fatto per arrivare dove è arrivata e che hanno significato perfino il rinunciare a un figlio? Senza contare che Jack è stato il primo a non mettere in primo piano il suo di lavoro. Perché dunque, adesso, questa richiesta così assurda e improponibile? Ed è proprio mentre la donna è costretta ad affrontare questo tsunami pur mantenendo una facciata salda, ecco che arriva Adam. Adam Henry e il suo credo in Geova, Adam Henry e il suo bisogno di una trasfusione a causa di quella malattia chiamata leucemia, Adam Henry i suoi diciassette anni e nove mesi, Adam Henry e tutta la sua innocenza, intelligenza e passione, Adam Henry e le sue poesie, Adam Henry e il suo violino, Adam Henry che le si affida e che cerca in lei quelle risposte perché alla fine tutti ne siamo alla ricerca. Ma può un essere umano essere detentore di ciò? Può un uomo, può una donna poter rispondere a tutti quei quesiti che attanagliano la nostra esistenza?
«Quante pagine di quante sentenze aveva dedicato a quel concetto? Il benessere, il, bene, si misurava nel sociale. Un bambino non è mai un’isola. Aveva pensato che le sue responsabilità non andassero oltre le mura dell’aula. Ma che assurdità era mai questa? Adam era venuto a cercarla, chiedendo quello che volevano tutti e che soltanto l’umana libertà di pensiero e non il soprannaturale aveva da offrire. Un senso.»
Fiona è chiamata a decidere sul se autorizzare o meno l’ospedale al procedere con le cure necessarie ma è anche chiamata a far i conti con se stessa. Perché Fiona deciderà, emetterà il suo verdetto ma dopo sarà costretta a far fronte a conseguenze ben maggiori e ben diverse a quelle che qualsiasi altro caso le ha mai posto davanti.
«Le religioni, i sistemi morali, ivi compreso il suo, erano come cime di una fitta catena montuosa osservate da una grande lontananza: non ne spiccava una sull’altra né per altezza, né per verità o rilevanza. A chi spettava il giudizio?»
Con “La ballata di Adam Henry” Ian McEwan invita il lettore ad affrontare molteplici tematiche di grande attualità e affatto irrisolte. Tra queste spiccano senza ombra di dubbio la problematica della legge medica in relazione alla legge dello Stato, al diritto al sottoporsi a prestazioni sanitarie così come diritto di sottrarsene laddove queste non siano condivise (seppur con tutte le scriminanti del caso che nel nostro ordinamento sono state costituzionalizzate), alla religione, al lavoro, ai rapporti umani, ai sistemi di common law. In particolare, nel mio percorso di studi, più volte mi sono ritrovata a leggere, a studiare e ad affrontare il problema del rifiuto delle trasfusioni di sangue nonché di altre procedure terapeutiche a causa del credo religioso e sempre, immancabilmente, lo studioso di turno si trova innanzi ad un dilemma aperto perché tante sono le variabili, i fattori morali, filosofici, giuridici, culturali, medici, etici e quant’altro che subentrano nella riflessione. Nel caso di specie lo scrittore intesse un intreccio narrativo solido, non si sottrae all’esposizione di ogni punto di vista, sceglie una strada e la percorre con motivata fondatezza tanto che per le prime tre sezioni dell’opera il lettore è rapito e catturato da ogni passaggio intrinseco. A riprova inoltre del grande lavoro di approfondimento svolto vi è il fatto che per stendere la storia egli si sia ispirato a due casi, uno dell’Alta Corte del 1990 e un altro della Corte d’Appello del 2000, di Sir Alan Ward, un magistrato di grande umanità che lo ha aiutato anche negli aspetti giuridici più tecnici.
Superata ad ogni modo la terza sezione e iniziata la quarta ecco che però qualcosa viene meno. L’attenzione del narratore e del conoscitore si sposta, muove il suo baricentro. È come se chiudesse un capitolo per aprirne un altro in cui protagonista è sempre Fiona con, a far da coprotagonista, il ragazzo. Da qui si apre una parte dell’opera destinata a mettere la donna spalle al muro, a fronteggiare il suo vissuto, il suo essere sempre controllata e fredda, il suo tenere a debita distanza ogni rapporto che non sia la legge scritta. E nonostante sia percepibile la ragione di siffatta scelta, questo improvviso cambio di rotta destabilizza e ha quale naturale conseguenza quello di far scemare parte dell’interesse o comunque di far perdere all’avventuriero conoscitore le coordinate della sua avventura. È un qualcosa in più che è funzionale ma che poteva essere omesso perché allo stesso risultato si sarebbe comunque potuti arrivare semplicemente continuando la storia dal dove si era interrotta.
Al tutto si somma uno stile minuzioso, preciso, dettagliato che per quanto pregiato può risultare un po’ prolisso e rallentare lo scorrimento.
In conclusione, “La ballata di Adam Henry” è un libro di grande empatia, di gran contenuto, di gran riflessione, fortemente attuale e che merita di essere letto ma con le dovute accortezze sull’epilogo e sull’impostazione narrativa lautamente descrittiva.
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