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La meccanica del cuore
 
La meccanica del cuore 2019-06-21 07:05:12 La Lettrice Raffinata
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    21 Giugno, 2019
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Una fiaba NON per bambini

"La meccanica del cuore" di Mathias Malzieu è stato l’ennesimo ritorno alla Gran Bretagna della regina Vittoria nelle mie ultime lettura, anche se l’ambientazione di questo breve romanzo è decisamente poco chiara: spazia dalla Scozia all’Andalusia, passando per Parigi, e sono spesso presenta degli accenni ad elementi decisamente anacronistici, come il riferimento all’attore Charles Bronson, in attività solo dagli anni Cinquanta del Novecento.
Si tratta di una fiaba dai toni decisamente dark, che già la sinossi associa allo stile di Tim Burton, ma personalmente ritengo che questo volume si discosti da quei film in modo netto, scegliendo di rivolgersi ad un pubblico decisamente adulto in parecchie scene -a mio avviso superflue.
Il romanzo mette in scena la peculiare vita di Jack, sin dalla sua nascita nella bizzarra abitazione della dottoressa Madeleine, un po’ strega un po’ meccanica, che assiste sua madre durante il parto e poi impianta nel cuore del bimbo un orologio a cucù per permettere al suo piccolo organo congelato dal freddo intenso di continuare a battere con regolarità. La protesi è però tanto fragile che ogni emozione più forte del normale può compromettere la salute di Jack: lo vediamo sia quando affronta il prepotente Joe, sia quando si innamora al primo sguardo della ballerina Miss Acacia.
La storia è ricchissima di metafore e passaggi poetici, uno stile gradevole per alcuni lettori, ma che purtroppo con me non ha fatto presa; specialmente perché, dopo averci presentato per tutto il volume queste scene surreali al limite del fantasy, Malzieu risolve la situazione di Jack in termini piuttosto concreti e quasi realistici.
Quindi un racconto piacevole che punta a commuovere e mi ha ricordato molto “La straordinaria invenzione di Hugo Cabret” di Brian Selznick. Purtroppo però, non è la storia giusta per me.

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