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Memorie d'un falso Giuda
La seconda guerra mondiale è in assoluto la più grande fucina di opere, letterarie e non. Questo perché sono talmente tante le sfaccettature di questo conflitto, che il materiale da trattare non si esaurirà probabilmente mai.
"Madre notte", così come altre opere di Kurt Vonnegut, è anch'essa figlia degli sconvolgimenti che il secondo conflitto e i suoi maggiori interpreti hanno portato nel nostro già abbastanza tormentato mondo.
Lo stile di Kurt Vonnegut è, come al solito, velato di una sottile ironia alla quale è impossibile resistere; un'ironia che in questo caso viene veicolata dal punto di vista di Howard W. Campbell jr: personaggio piuttosto particolare, che anche il lettore fa fatica a collocare in un quadro preciso: uno scrittore che sembra serbare in sé un'incredibile profondità di pensiero, ma che allo stesso modo sembra incapace di guidare i propri passi in autonomia. In tutto il corso della sua vita, infatti, è influenzato da qualcosa che lo colpisce dall'esterno e vuole guidarlo in una certa direzione, nella quale lui si incammina pur non essendone persuaso. Così si ritroverà a diventare una delle più grandi spie americane in terra tedesca, che tuttavia non verrà mai riconosciuta come tale e verrà costretta, dopo la sconfitta dei tedeschi, a essere ricoperta d'infamia e biasimo dalla stessa comunità e dal paese per il quale si è sacrificato. Sì, perché questo era il suo ruolo: impersonare il commentatore radiofonico americano più antisemita e filo-nazista che si sia mai visto sulla faccia della terra, in modo da essere ben visto dai tedeschi e poter trasmettere messaggi segreti agli alleati, durante le sue trasmissioni, senza destare alcun sospetto. Campbell assolverà talmente bene al suo compito, che anche alla fine della guerra continuerà a essere considerato, dai pochi nazisti sopravvissuti, come uno dei più grandi sostenitori di Hitler e compagnia; una figura da venerare. Nel frattempo ebrei e americani, che ignorano assolutamente la sua vera natura, non vorranno altro che vederlo morto.
Quello che più lascia interdetto il lettore è l'indifferenza con cui Campbell subirà tutti gli eventi paradossali che gli travolgeranno la vita; una vita che indifferente non si può assolutamente considerare. Eppure, Campbell sembra essere travolto dalle circostanze suo malgrado, senza battere ciglio, svuotato di quasi tutta la sua linfa vitale dalla morte della moglie. Da questo contesto viene fuori, velatamente, l'assurdità della guerra e di come abbia travolto un'umanità che, in fondo, non era assolutamente preparata a fronteggiare una cosa così violenta e insensata.
"Io, come speaker radiofonico, avevo sperato di essere soltanto ridicolo, ma viviamo in un mondo in cui essere ridicoli non è facile; ci sono troppi esseri umani che non vogliono ridere, che non riescono a pensare; vogliono soltanto credere, arrabbiarsi, odiare. Troppa gente aveva voluto credere in me."
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Commenti
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da parte mia ti consiglierei uno tra “Mattatoio n.5” (la sua opera più famosa) e “Perle ai porci” (quella che io ho preferito finora). Spero di esserti stato d’aiuto! :)
Vale.
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