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Ricchezza esangue
Il lungo viaggio di Xu Sanguan, intento a trasportare i bachi nella fabbrica di seta della sua città, ne accompagna la vita tra rituali consolidati ed imprevisti per un destino indecifrabilmente crudele.
Un matrimonio rigenerante con una ragazza bella e capricciosa, tre figli, Feice Uno, Felice Due, Felice Tre, il sogno di un’ armonia famigliare, crisi economica, fame, lotta quotidiana per la sopravvivenza nella Cina della Rivoluzione culturale.
Anni difficili ed il protagonista costretto a vendere il proprio sangue per sfuggire alla carestia e restituire ai famigliari una dignità, per pagare debiti ed incidenti di percorso, per orgoglio personale, voglia e necessità.
Ogni volta, a donazione avvenuta, provato nel fisico e ritemprato nello spirito, conterà il denaro guadagnato e si recherà, secondo un preciso rituale insegnatogli in gioventù, quando questa pratica gli è stata trasmessa, nello stesso ristorante a consumare un piatto di fegato di maiale saltato e cento grammi di vino di miglio.
La vendita del sangue, una pratica realmente in uso in Cina, si copre di significati reali e simbolici, e rispetta un codice non scritto di attesa e perseveranza, il sangue è flusso vitale, dono degli avi da preservare ma anche simbolo di sacrificio supremo, vergogna privata ma gesto di accudimento ed amore, rischiare la vita per dare speranza di vita.
Nella complessità di anni che abbracciano l’amarezza di un tradimento prontamente restituito, la certezza di un figlio non proprio, la vendetta accecante dell’ odio, l’eco di parole ereditate, le voci ed i pettegolezzi della comunità, Xu Sanguan è travolto dagli accadimenti, a volte da spettatore inerme, altre da protagonista di un destino contraddittorio ed indecifrabile.
Continua a muoversi all’ interno di una terra ingrata e nebulosa, tra tradizioni secolari e rinnovamento, respiro del presente e flusso della memoria, imbevuto di dubbi, si assenta, vaga e ritorna, respingendo e riabbracciando un figlio abbandonato che ricerca una famiglia da amare, perso nella notte più nera, con la prospettiva di morire solo e dissanguato nella disperazione di un sacrificio necessario che lo riconsegni alla vita riabilitandolo ai propri occhi ed a quelli dei propri cari.
Yu Hua, da annoverare tra i migliori scrittori cinesi contemporanei, autore del recente “ Il settimo giorno “, utilizza una prosa scarna e diretta in una alternanza di momenti tragicomici, spesso paradossali, ed un reale dipinto con invidiabile lucidità, trasudando in ogni essenza il respiro vero del racconto, spogliato di tutto, in riferimento al tema della privazione di sangue.
L’esito è un racconto apparentemente dai toni uniformi, rallentati, un ripetersi e sovrapporsi degli stessi gesti e parole, sempre quelli, per anni, invero la vivacità narrativa esula i temi per abbracciarne i contenuti, anche simbolici, perlopiu’ spietatamente e paradossalmente reali all’ interno della lunga e spietata commedia della vita.