Dettagli Recensione
Riflessioni sulla vita e sulla storia.
Gerusalemme, inverno 1959/60.
Shemuel, giovane universitario trovatosi ad affrontare svariati colpi bassi della vita, risponde a un annuncio di lavoro assai interessante per un tipo riflessivo come lui momentaneamente bisognoso di estraniarsi dalla società: dovrà tenere compagnia a un anziano colto, logorroico e ormai quasi del tutto infermo, in cambio di vitto e alloggio.
Nella scalcinata villetta situata in un vicolo della periferia cittadina troverà pure una piacente figura femminile poco più che quarantenne, avvolta peraltro da un intrigante alone di mistero e di estrema riservatezza.
E così, mentre il grande scrittore israeliano muove i tre personaggi principali in un accattivante teatrino fatto di colloqui stringati ma non banali, la trama scorre sotto l'onnipresente velatura dell'annosa diatriba tra ebrei e arabi palestinesi, tra frequenti citazioni e riferimenti temporali e un generale sentimento di passione (qua intesa non solo come amore e sesso ma come partecipazione culturale e politica) misto a un senso neppur troppo vago di delusione e tradimento.
Ecco, il tradimento pare proprio essere il filo conduttore del romanzo.
E' infatti tradito Shemuel, abbandonato dalla fidanzata per sposarsi con un altro, così come i genitori del ragazzo, mai troppo amati dallo stesso, nemmeno negli anni dell'infanzia e infatti si legge, “Da bambino li aveva sempre traditi inventandosi dei genitori completamente diversi, genitori cordiali e forti, disinvolti, magari insegnanti del Politecnico, magari intellettuali abbienti che vivevano in collina. Genitori brillanti, affettuosi e simpatici: persone in grado di ispirare tanto a lui quanto agli altri amore e soggezione. Non ne aveva mai parlato con nessuno, di questo, neanche con sua sorella. Quando lui era piccino lo chiamava trovatello e gli diceva: te ti abbiamo raccolto nei boschi del Carmelo.”
E' tradita Atalia, rimasta vedova giovanissima per colpa di una guerra, la arabo-israeliana del 1948, così come il vecchio Wald che perse il figlio a causa degli ideali in cui credeva fermamente.
Poi c'è Abrabanel, o meglio la sua ombra, quello che era il padre non amato di Atalia anche lui vissuto in una stanza della stessa villetta e che sull'ultimo venne pubblicamente chiamato 'il traditore' dai suoi antichi seguaci politici.
Ma l'ampia disquisizione che si sviluppa lungo tutta la storia verte sulla figura di Giuda Iscariota, esaminata anche e soprattutto dal punto di vista ebraico ovvero in una variante di prospettiva sicuramente inconsueta per il credo cristiano.
Un altro significativo passaggio è quando Gershom Wald racconta al ragazzo la sua personale visione dell'esistenza, “Quasi tutti gli uomini attraversano lo spazio della vita, dalla nascita alla morte, a occhi chiusi. Anche tu e io, mio caro Shemuel. A occhi chiusi. Perché se solo li aprissimo per un istante, ci sfuggirebbe da dentro un urlo tremendo e continueremmo a urlare senza smettere mai. Se non urliamo giorno e notte, è segno che teniamo gli occhi chiusi.”
Insomma, questo non è certo un romanzo da prendere a cuor leggero, i temi su cui riflettere sono parecchi e tutti quanti capaci di suscitare una molteplicità indiscutibile di emozioni.
Lettura sicuramente raccomandabile.
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