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Il maggiolino matto matto
Se c'è un autore che si trasforma e cambia in ogni suo libro, allora lui è Thomas Mann, almeno tra quelli da me letti. Marcel Proust dice che uno scrittore scrive sempre gli stessi libri e pensandoci ha ragione. Nella mia esperienza di lettrice riesco a riconoscere un autore (già letto in precedenza ovviamente) prima ancora di sapere il testo che ho in mano e se non lo riconosco, non appena ne vengo a conoscenza della sua identità riconoscerò subito le similitudini con gli altri suoi scritti: stile o temi che siano, i libri sono stigmatizzati quasi sempre. Tranne Thomas Mann. Non ho letto tutta la sua opera e spero di poterlo fare nel tempo, ma basandomi sui quattro romanzi letti, tutte e quattro sono diversi! Grandissimo pregio per uno scrittore, che in questo ultimo mi ha sorpresa non poco perché chi se lo aspettava un Mann cosi?! Io no e anche molti di quelli che hanno tentato e poi abbandonato la lettura di questo volume.
Dico volume perché "Le storie di Giacobbe" è il primo volume della tetralogia "Giuseppe e suoi fratelli", ultima opera compiuta dall'autore e definita da lui stesso il suo lavoro migliore. In una parola riassuntiva dico solo che racconta in chiave romanzesca le vicende di Giacobbe e di suo figlio Giuseppe narrate nel vecchio testamento, e già qui tutti a pensare "che due mongolfiere multicolori" io stessa per prima! Però ti dici "Caspita, però è firmato Thomas Mann, colui che ha scritto La montagna incantata, e se lui dice di aver scritto un grande libro, addirittura superiore alla Montagna, qualcosa di buono ci sarà" e allora inizi con fiducia la lettura.... Ogni inizio è difficile e questo ancor di più, perché dopo un incipit che incuriosisce seguono pagine e pagine pesantissime di un prologo che non finisce mai e ti svena, pieno zeppo di riferimenti della Bibbia, delle nazioni di allora e dei loro déi, insomma arrivi a leggere ormai il primo terzo (che non poco) del volume e la storia non cambia. E ti chiedi a questo punto, "Ora che faccio? mollo o non mollo?" e tra i dubbi amletici ecco che finalmente la storia sembra cominciare, il motore s'avvia, un po' singhiozzante ma la macchina parte per poi fermarsi dopo qualche centinaio di metri e noi di nuovo lì a spingere e cercare lottare con il tomo. Però ancora non sappiamo che la macchina che abbiamo è un Herbie il maggiolino matto e tutt'ad un tratto parte in picchiata a nostra sorpresa, dall'idea ormai di libro noioso, carico di erudizione come se Mann ormai alla fine della sua carriera volesse pavoneggiarsi del suo inutile sapere e decisamente sopravvalutato. E invece, ta ta ta tammm sorpresa! Scopro un Mann frizzante, leggero, di un umorismo spettacolare che mai mi sarei aspettata, anche se Settembrini e Peeperkorn erano abbastanza birichini, che riscrive in chiave ironica e divertente un frammento della Genesi. E quindi passi da una noia mortale che sei lì lì a mollare ad una divertente, piacevolissima e intelligente lettura che ti tiene incollato al libro, un Herbie che speri non si fermi mai. Lo so, un commento scritto di pancia ma che riflette o quanto meno spero, la giocosità e la piacevolezza del libro.
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