Dettagli Recensione
Una Holly Golightly che non ti aspetti
Abitualmente io non leggo i romanzi dai quali sono state tratte pellicole cinematografiche che ho visto e apprezzato. Mi è capitato più volte, al contrario, di vedere film tratti da libri che mi erano piaciuti e, quasi immancabilmente, sono rimasto deluso nel momento stesso in cui notavo derive (per me inaccettabili) della vicenda sul grande schermo rispetto al filo narrativo voluto dall'autore letterario e dal “film” che mi ero girato nella mia testa.
Allora perché arrischiarsi a leggere “Colazione da Tiffany” dopo che il capolavoro di Blake Edwards è uno dei film che più ho amato? Dopo che la Holly interpretata da Audrey Hepburn è stata la mia prima “cotta” cinematografica, al punto da aver, forse, condizionato, alcune mie decisioni successive? Dopo che di quella sceneggiatura quasi conosco ogni battuta a memoria?
Ci ha messo lo zampino il caso, nella specie rappresentato dalla fortuita scoperta di una edizione elettronica in lingua originale del romanzo di Truman Capote. A questo punto, poiché era un po’ di tempo che desideravo leggere qualcosa in inglese, lo stimolo di rinfrescare nella mia mente i dolci ricordi suscitati dal film e una sana curiosità di scoprire le differenze mi hanno convinto a fare il passo.
Esito? Nonostante le iniziali titubanze è stato decisamente soddisfacente.
Il tracciato scelto da Capote per il suo romanzo solo saltuariamente percorre i medesimi binari scelti da Edwards. Le “stazioni” principali ove incontrare Holly Golightly (quale cognome poteva essere più rappresentativo di “vai alla leggera”?) ci sono tutte: i suoi party, un po’ folli; i suoi flirt, accuratamente selezionati tra i milionari scapoli; le visite al mafioso Sally Tomato e i suoi messaggi “meteorologici”; il tenero interessamento di “Doc” Golightly, marito della ragazza; la morte del fratello Fred; lo scandalo giudiziario e, ovviamente, il Gatto e… Tiffany. Tuttavia il ritratto che Capote fa è decisamente più ardito. Come ebbe a precisare lui stesso voleva disegnare il personaggio di una specie di geisha americana, in un epoca in cui neppure il termine “escort” era stato inventato. Ne è uscita la rappresentazione di una giovane donna decisamente disinibita e frenetica, fin troppo per un’America dei primi anni ’40 (con la guerra in corso). Holly si accompagna con qualsiasi uomo sia disposto a lasciarle qualche banconota da dieci “per il bagno”. Parla senza inibizioni di sesso (sia eterosessuale che omosessuale) e, forse, lo pratica con la medesima assiduità. Rifugge da ogni forma di convenzione sociale. Beve senza limiti e, probabilmente, fa pure uso di droga (a domanda precisa dei giornalisti dichiarerà “Talvolta. Funziona meglio del brandy ed è pure più economica”). Tuttavia alla fine quella che ci appare ai nostri occhi non è una donna dissoluta e cacciatrice di patrimoni, ma una ragazzina fragile e indifesa, attanagliata da mille paure e insicurezze che cerca di scacciare (tra una visita a Tiffany e l’altra) conducendo quella sua vita convulsa continuamente all'inseguimento di qualcosa che neppure lei sa identificare con chiarezza.
Il risultato è un romanzo delizioso e sfacciatamente iconoclasta. Raccontato in prima persona da un giovane scrittore alle prime armi (lo stesso Capote?) in una lingua lieve e scorrevole è un tenero e amorevole collage di ricordi. Da essi emerge una protagonista di cui è impossibile non innamorarsi nonostante tutti i suoi difetti, i suoi salti di umore e le sue fragilità. E, di lei, infatti, tutti, alla fine si innamoreranno, pure il giovane scrittore, anche se le sue preferenze sessuali, con ogni probabilità, andrebbero altrove.
Tuttavia l’A. non ci concede il finale consolatorio auspicato (e inventato, in seguito, da Edwards per il cinema). Ci consegna una Holly in fuga verso ignoti lidi, lasciandoci preda dell’ansia per la sorte di quella sconclusionata, ma adorabile ragazzina.
Da fan sfegatato della storia debbo confessare che quell'epilogo non mi ha deluso particolarmente (nel mio subconscio continuo a sognarmi al posto di George Peppard e l’assenza di un concorrente letterario fa solo piacere). Da lettore obiettivo debbo invece riconoscere che era l’unico possibile: Holly non è più la timida Lula Mae sposatasi bambina a Tulip, in Texas, e per lei ogni sentimento troppo saldo è una gabbia da cui fuggire, perché in essa allignano le angosce più opprimenti e la vecchia sogghignante (la morte) si fa più minacciosa e vicina.
In conclusione il risultato del confronto romanzo/film è un onorevole pareggio: il film di Blake Edwards è un capolavoro della cinematografia mondiale, ma il romanzo di Capote è una deliziosa storia tutta da godere.
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Commenti
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Per quanto riguarda l'inglese io debbo ringraziare molto il signore che figura nel mio avatar: ero così appassionato dei suoi libri che, non trovandoli più tradotti in italiano, sono stato costretto a rispolverare il mio inglese scolastico e adesso me la cavo benino. Comunque Capote scrive in un inglese davvero facile e leggibilissimo, molto fresco. Il romanzo mi è davvero piaciuto tanto, a prescindere dai ricordi cinematografici.
Approfitto della risposta per inserire una curiosità: dopo aver inserito la mia recensione ho letto quella di Bruno Elpis ed ho trovato la citazione di una frase che io non ricordavo di aver letto (si tratta della descrizione del piccolo furto delle maschere). Così, consultando altre versioni in inglese, ho scoperto che era stata interamente censurata. Nel mio volume c'è scritto solo "she stole something small". Chissà perché i curatori hanno deciso di eliminare il fatto che anche l'amico scrittore aveva commesso quel piccolo taccheggio? Misteri.
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