Dettagli Recensione
Tel Aviv
«Non per paura di mettergli fretta, ah questo no! Ma perché ci faceva bene ascoltarlo. Sentirlo proclamare che gli scrittori parlano troppo della morte. Gustare la sua vodka insipida. E dimenticare pure noi la guerra.»
Tel Aviv, la guerra, un ordine di diramazione di evacuazione dall’esercito alla popolazione. Due uomini e una donna. Il più anziano si chiama Saba e una volta salito sull’autobus è colto da un istinto irrefrenabile, da mille pensieri. Non può far altro che scendere. Gli altri due sono Naor, il giovane nipote dell’uomo, studente di cinema con gli occhi aperti sul mondo, e Yael, l’artista dalle forti e intatte idee, sua fidanzata. Alla discesa del vecchio, a loro volta lo seguono. È qui che ha inizio il pellegrinaggio clandestino in quella che è ormai una metropoli deserta dove il ricordo vive, il pensiero scorre, gli scheletri si riaffacciano inesorabili.
«Noi camminavamo. Lui volava. Per Yael e me rimanere a Tel Aviv abbandonata equivale a fare un atto di resistenza. Aggrapparsi. Tenere duro. Mentre per Saba si trattava di mollare la presa. Di staccare la spina.»
Destini che si intrecciano, desolazione, riflessioni in quella che è una città in totale riscoperta, dai connotati post-apocalittici e dalle sfumature drammatiche.
L’opera si dipana con facilità tra le mani del lettore che in poche ore giunge al suo completamento grazie ad uno stile narrativo fluente, chiaro e poco impegnativo. I capitoli sono corti, caratterizzati, talvolta, da brevi paragrafi all’interno dei quali viene lasciato spazio al pensiero, allo spirito, all’intelletto. Ed è così, che semplicemente, il componimento prende forma ricostruendosi tassello dopo tassello, delineando quella che è la realtà storica e quella delle vite di ciascun protagonista.
È un volume che tocca tante tematiche e che per questo è difficile da inquadrare. Al suo interno sono presenti tanto l’avventura quanto storie di guerra, quanto riflessioni politiche e sociali in un mix di narrazione intimista che ha quale obiettivo quello di narrarci dell’Israele di oggi e del vivere in questa, pur tuttavia, senza mai davvero riuscire a farsi afferrare. La morale, il vero contenuto dell’elaborato, il suo più profondo significato, non giunge alla conclusione della lettura quanto successivamente e cioè quando il lettore torna ad interrogarvisi, torna a riflettervi, torna a cercare quelle risposte e quei perché tuttavia inafferrabili.