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Destino agghiacciante
“ Il macellaio “, esordio letterario di Sandor Marai, è una lucida e spietata rappresentazione di una mente malata in un corpo perfettamente sano.
Il protagonista del lungo racconto, Otto, è un individuo da sempre privo di consapevolezza della vita e quindi anche della morte, senza vizi ma con inclinazioni negative, non un tipo manesco, con un temperamento mite ed apatico, un corpo respirante in attesa di pensieri e sensazioni.
Delitti efferati, tre parole simbolo, macellaio, coltello, pancia, una narrazione oggettivata di fatti e sentimenti negati o ancor peggio mai stati, una vita complicata ed inafferrabile nella propria quieta definitezza.
Oltre una traccia pubblica che scandaglia il personale in attesa di risposte inevase, molto di più, la raffigurazione di un mondo mutato e mutante, una grande città, Berlino, multiforme, splendente ed imperiosa quanto ignota ed oscura, masse indistinte di gente operosa, esseri umani ed attrezzature regolate da un ordine stabilito e, sotto i marciapiedi, un’ altra vita ed una società fremente con leggi proprie.
Ecco un piccolo universo in cui si assolve la vicenda del protagonista, un mondo che inevitabilmente entra nella vita di masse indistinte e le cambia per sempre, forze irrazionali ed estranee che scagliano uomini e destini in un vortice di ostilità e indifferenza.
L’ esistenza di Otto, pervasa di agghiacciante lucidità, da subito prevede mistero e condanna, un concepimento dopo avere assistito inermi ad un atroce spettacolo circense, assenza affettiva, una inclinazione morbosa sopita durante l’ infanzia, poca fiducia in se’, quella strana attrazione verso lo spettacolo della macellazione fino al sopraggiunto vento di guerra che tutto cambia trascinando il protagonista nella propria brutalità.
Otto vivrà in totale normalità le atroci azioni del fronte, lucido ed indifferente, macchiandosi di gloria, luoghi e momenti in cui tutto è parificato ed ovunque prevalgono paura e morte.
Il ritorno dalla guerra per lui segnerà incredibilmente un senso di vuoto imminente in un reale mutato, nessun desiderio della compagnia di esseri umani, di fronte a se’ una prospettiva di vecchia esistenza, mesi ed anni indistinti e indigesti, del tutto privi di eventi e la certezza che sarà sempre così, una certa riluttanza e paura verso le donne, l’ assoluta mancanza di un senso di se’ definente.
Ecco il suo nuovo vivere, una flebile anestesia alcolica e l’ assurdo rimpianto per una guerra che non c’ è più, chiedendosi cosa in passato abbia apprezzato del semplice piacere della macellazione. senza comprendere dove e come abbia potuto sbagliare, ritenendo che in se’ non ci sia nulla di sbagliato.
Ed allora una decisione improvvisa lo coglie, il ritorno nella città della propria infanzia, mutata e ringiovanita, ritrovando un quadro famigliare che riporta e scoperchia un tempo lontano ed un volto vuoto e terrificante, il proprio, inspiegabilmente ed inesorabilmente se stesso, questa volta per sempre...
Un Marai agli esordi, atmosfere cupe e reali, quella capacità di rappresentare l’ uomo nella propria essenza ed i cambiamenti in atto di un tempo precursore di alienazione e morte, tra le righe già il respiro della propria grandezza.
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