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Bisogno di assoluto
La ballata di Adam Henry è la storia di un giudice che deve decidere su alcuni casi che coinvolgono principi morali. Per esempio, la separazione di gemelli siamesi che implicherebbe la morte di uno dei bambini o di entrambi, la trasfusione a un minore (17 anni) testimone di Geova contro il parere della famiglia per salvargli la vita. In queste questioni non è mai chiaro dove stia il bene o il male, nel senso che la linea di confine presenta ambiguità e contraddizioni. Il giudice poi sbaglia inevitabilmente, nel senso che non è onnisciente e comunque non può avere grandezza d’animo o empatia o intelligenza necessari per poter discernere perfettamente. Il giudice non è Dio, occupa impropriamente un ruolo che non gli compete. E quando sbaglia-vengono raccontati casi emblematici- la vita dell’imputato può essere distrutta o compromessa tragicamente. Nel caso in questione, quello del testimone di Geova, la giudice si pronuncia a favore della trasfusione facendo contenti tutti, genitori e ragazzo, mettendo in luce i limiti della fede di quella famiglia e le debolezze della comunità. Ma poi rifiuta il ruolo che si è in un certo senso assunta di vice di Dio perchè non ha la capacità di amore di cui il ragazzo avrebbe bisogno, che è proprio quella assoluta di Dio. Perciò la sua mano tesa risulta una mano atrofica. Atrofico è anche il rapporto della giudice con il marito. Questa insufficienza nei rapporti umani (di Fiona rispetto al ragazzo e del marito rispetto a Fiona) è percepita dall’altro come un tradimento e accostata al bacio di Giuda. Nel senso che la mano tesa è il bacio, il bacio contiene una promessa, ma la incapacità umana a far fede alla promessa è in sé un tradimento della promessa fatta. Al bisogno di assoluto altrui l’uomo non può che dare una risposta imperfetta creando vane aspettative e illusioni, prendendo dunque il ruolo di Satana e non di Dio. Dunque, l’uomo non può dare all’uomo che una calda ipocrisia come un rapporto matrimoniale sicuro e affettuoso ma poco intenso o una partecipazione gentile ma distaccata e mancante di comprensione. Il finale resta aperto sulla prospettiva di vita nuova aperta dal giudice al ragazzo con la sua sentenza e la incapacità effettiva di sostituire la religione con qualcosa di umanamente altrettanto assoluto e bello. “Tutta la vita e l’amore che il ragazzo ha davanti” citati nella sentenza si riducono a poca cosa se questo amore non è totale e totalizzante e non comporta un rischio da correre per l’altro. Io ho trovato l’argomento del libro molto interessante.