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L'INCOMUNICABILITÀ DEGLI UOMINI
Avevo una paura matta di cominciare la mia esperienza con John Steinbeck da “Furore”. “E se non mi piace?” dicevo a me stesso, pensando che poi mi sarei dovuto sciroppare un bel mattoncino che avrei fatto fatica a finire (ma che avrei certamente finito, se ho finito Anna Karenina, posso finire tutto). Non mi linciate per questa ultima parentesi, sono gusti.
Tornando a Steinbeck, mi sono detto che avrei dovuto cominciare con qualcosa dalla mole un po’ più ridotta, come faccio un po’ con tutti gli autori; dunque ho deciso di acquistare “Uomini e topi” e cominciare da questo. Conclusione? Non vedo l’ora di leggere Furore, ragazzi, e credo che non vedrò l’ora di leggere tutto quello che questo autore ha scritto. Non so se questo libro sia perfetto come asserisce Nick Hornby, ma posso tranquillamente dire che sia un gioiello di rara bellezza. I motivi? Bene, vi farò un elenco: personaggi caratterizzati alla perfezione, ambienti che nella mente del lettore prendono praticamente vita con descrizioni che non risultano ostiche né inutilmente lunghe, dialoghi assolutamente efficaci. Ma andiamo oltre. Steinbeck riesce a regalarci uno spaccato d’umanità che secondo me altri autori non sarebbero in grado di mettere insieme nemmeno con un libro di mille pagine: il messaggio passa forte e chiaro, il pensiero dell’autore ci arriva forte tramite analogie che lui non spiega esplicitamente ma che sono più che chiare.
Devo dire che alcuni tratti mi sono sembrati un po’ crudi, ma è dovuto alla mia sensibilità soprattutto quando ci sono di mezzo cani e cagnolini. Non ci sono torture, state tranquilli, né violenza gratuita. Ogni cosa in questo libro ha il suo perché, la sua spiegazione, e ci rendiamo conto che per quanto triste da leggere era comunque necessario scriverla.
Il messaggio che mi è arrivato più forte è l’incomunicabilità fra esseri umani. Per quanto possiamo conoscerci a fondo spesso non riusciamo a capirci; spesso veniamo fraintesi; spesso veniamo accusati di fare cose che non sono neanche lontanamente nei nostri pensieri ma che il pensiero comune ha contribuito a far diventare verità incontrastabili. Sono tanti i personaggi che, a un occhio superficiale, possono apparire in un modo; ma basta essere disposti ad ascoltare per capire che oltre la facciata può esserci molto di più. Emblema di questo aspetto sono i personaggi dello stalliere di colore e della signora Curley, senza dimenticare uno dei due protagonisti: Lennie. Non posso essere certo che questo aspetto volesse essere messo in risalto intenzionalmente da Steinbeck, ma a me questo messaggio è arrivato in maniera prepotente insieme a quello più esplicito dell’incapacità di stare al mondo; dell’impossibilità di vivere insieme ad altri, per alcuni uomini particolari. È un argomento controverso, che Steinbeck porta alla nostra attenzione.
Ci sono cose che un uomo deve fare. Probabilmente.
I protagonisti di questa storia sono George e Lennie, due braccianti che lavorano stagionalmente nei ranch. Il primo è un uomo sveglio, intelligente e gran lavoratore; il secondo è un uomo grande e grosso, scemo ma innocente e semplice come un bambino, che nelle sue intenzioni non vorrebbe far mai male a una mosca ma che a causa della sua mole si ritrova anche a uccidere topi che tiene nel palmo della mano, per accarezzarli. All’inizio di questa storia sono in fuga dall’ultimo ranch in cui hanno lavorato, a Weed, proprio perché Lennie voleva accarezzare il soffice vestito di una ragazza che viveva lì. Non aveva altre intenzioni, solo accarezzare la morbidezza di quel vestito. Ma, come dicevamo, l’incomunicabilità è una piaga e quello che appare viene quasi sempre considerata verità. Dunque George e Lennie scappano e cominciano a lavorare in un altro ranch, dove fanno amicizia con gli altri lavoratori e si scontrano con Curley, manesco figlio del loro datore di lavoro e marito di una donna piuttosto controversa, che sembra essere lì appositamente per portare guai. Ma George e Lennie non contano di stare lì per molto; hanno un sogno che perseguono con tutte le proprie forze: avere un posto tutto loro in cui vivere una vita tranquilla, coi frutti della propria terra; vogliono solo essere liberi e non doversi spaccare la schiena per qualcun altro. Una vita semplice: stare di fronte a una grande stufa e ascoltare il ticchettio della pioggia. Badare ai conigli, come direbbe Lennie.
Il tempo che trascorreranno in questo ranch porterà alla luce tante di quelle cose, che davvero non so dire come l’autore ne sia stato capace in così poche pagine.
Davvero un capolavoro, probabilmente.
“«Beh, Curley è abbastanza manesco,» disse lo scopino con aria scettica. «Non mi è mai sembrato giusto. Poniamo che Curley salta addosso a uno grosso e gliele suona: tutti a dire quant’è in gamba Curley. Ma poniamo che fa la stessa cosa e viene suonato: allora tutti a dire che quello grosso doveva menare uno della sua stazza, e magari lo aggrediscono tutti insieme. Non mi è mai sembrato giusto. È come se Curley non desse scampo a nessuno.»”
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Commenti
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Sì, lo so, la Karenina in pochi me la perdonano :D
Vale.
sì, mi è piaciuto moltissimo; probabilmente la migliore lettura del 2019 finora, un gradino sopra "Opinioni di un clown" di Böll. "Furore" lo leggerò prima possibile!
Vale.
grazie mille! Quando un libro ti colpisce è molto più facile scriverne una recensione efficace, e sono contento di averti dato una spinta! Non vedo l'ora di sapere che ne pensi!!
Vale.
purtroppo tra le miriadi di libri che avevo in coda, il momento di Steinbeck è arrivato soltanto ora. Ma con questo "battesimo" metterò nella mia lista dei desideri tutte le sue opere. Tutte, nessuna esclusa. Comincio a segnarmi tutti i titoli che mi hai citato e, oltretutto, vorrei dire: ma quanto cavolo è bello già solo il titolo di "L'inverno del nostro scontento"?
Vale.
mi segno anche questo, grazie!
Vale.
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