Dettagli Recensione
Uno scandalo garbato
Quando Japrisot scrive questo libro, nel 1950, ha solo diciotto anni. Un libro provocatorio, irriverente, una penna che non ha paura di esprimersi nella maniera più assoluta possibile perché in essa arde il fuoco dell’indignazione, il grido della protesta, l’incontrovertibile certezza del giusto che vive in chi è sì cresciuto, ma non ancora vissuto.
La storia è semplice, archetipica quasi: Denis, quattordici anni, la testa persa nei litigi a scuola, quasi bullo, ma senza accanimento, senza cattiveria, si innamora di Clotilde, che di anni ne ha ventisei. Forse un po’ estremo, ma scandaloso, perché Clotilde è una suora e allora tutto è più complicato. Da un lato la badessa, che la sorveglia, dall’altro i genitori di Denis, disinteressati allo stremo finché la reputazione della famiglia non è a rischio. La cattiva strada è la storia di questo amore e degli ostacoli che la società, deformata e ipocrita, loro oppone. Sullo sfondo, la seconda guerra mondiale, tra invasori e liberatori, tra chi muore o uccide, tra chi resta e, alla fine, diserta.
Japrisot apre il libro con nettezza e la narrazione, non a caso, è chiaramente schierata, completamente manifesta. “Se il tuo Dio ti impedisce di vivere, abbandona il tuo Dio. La tua vita è l’unica cosa che hai e chiunque tu sia, il tuo Dio non è il mio.” Al contrario di molti scrittori più maturi, in cui il giudizio è sospeso e la narrazione accade, Japrisot chiede davvero al lettore di scegliere, di pensarla come lui e a questo scopo dispiega ogni mezzo che possiede. Lo stile è semplice, limpido, piano, ma mai piatto, incalzante: Japrisot ha il dono di narrare, lo stesso di Dumas, ad esempio, e regge benissimo una narrazione che forse si allunga troppo nella parte centrale, ma che davvero trascina con la sua forza emotiva. Perché tutta questa scandalosa storia viene sempre trattata con garbo, con il silenzio luminoso e delicato di chi sa che non c’è niente di più sacro dell’innamoramento di un ragazzo, nulla di più facilmente infangabile.
I temi sono chiari: l’ipocrisia della società, il dolore della guerra, la vita sopra la religione, l’ottusità degli adulti, l’insolenza della religione. E altrettanto manifesti sono i difetti: lo schematismo della narrazione costruita in ogni aspetto per sostenere l’autore, la quantità di “ti amo” che i due protagonista si scambiano di continuo, una certa immaturità emotiva per una ventiseienne e una storia che sfida la credibilità. Immagino sarebbero pochi i genitori che non si preoccuperebbero di una relazione tra il figlio quattordicenne e una ventiseienne e credo sarebbero pochi quelli a non opporre almeno una qualche resistenza. Detto questo, pur con tutti i suoi limiti, La cattiva strada dimostra una maturità autoriale notevole, a tratti ingenua, ma di straordinaria potenza e la descrizione dell’innamoramento nella parte iniziale del libro, ha qualcosa di meravigliosamente adolescenziale, e quindi vero.