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Tra la finestra e il mare...
Juan Pablo Castel è un pittore, s'innamora di Maria e la uccide.
Ce lo dice proprio lui già nelle prime righe del suo monologo, ma sarebbe più opportuno chiamarlo "delirio", con cui cerca di spiegarci le motivazioni del suo gesto.
Come se ce ne fossero...
Come se fosse possibile spiegare la follia, l'isolamento emotivo, il sospetto patologico, e l'incomunicabilità che alberga nella mente di un uomo squilibrato, ossessionato da un'idea di "amore vero" che lo divora e lo distrugge.
Un uomo schiavo dei suoi stessi pensieri e sentimenti, nauseato da chiunque gli orbiti intorno, abituato a vivere nella sua solitudine, all'interno di un tunnel che lo protegge dal mondo reale, ma che gli consente di osservare la vita che scorre al di là del vetro...la vita di coloro che "vivono" davvero, che ridono, piangono, amano, sbagliano, cadono, si rialzano...
Maria è lì, nel mondo reale, che osserva un suo quadro ad una mostra, e con un semplice sguardo si è posizionata esattamente dove nessuno era mai riuscito a mettersi: tra "la finestrella e il mare" del dipinto...nel punto esatto in cui lui potesse vederla, toccarla e cercare di portarla con sé nel tunnel, nel vortice dei suoi viaggi (pippe) mentali, nei sentieri tortuosi del suo amore malato, facendola diventare protagonista assoluta dei suoi pensieri e della sua ossessione.
Il monologo ha una sua logica, una coerenza tutta sua, tipica di chi non conosce la differenza tra amore, gelosia e possesso.
Si condanna e si autoassolve in nome di una solitudine esistenziale che affonda le sue radici in un passato molto lontano e a noi ignoto.
"C'era un solo tunnel, buio e solitario: il mio, il tunnel in cui avevo trascorso l'infanzia, la giovinezza, tutta la mia vita".
Il tunnel è la causa di tutto e allo stesso tempo il suo alibi, la sua giustificazione.
"Devo ucciderti perché mi hai lasciato solo".
Lei era il suo unico ponte verso il mondo.
Lui non ha avuto il coraggio di percorrerlo per uscire allo scoperto, lei non ha voluto chiudersi con lui e rinunciare a vivere...ma lui ha scelto anche per lei.
Grandissimo Ernesto Sabato.
La scrittura è profonda, elegante, spesso ironica...
Ha creato un personaggio detestabile, negativo, complesso, paranoico, folle...e ce lo ha consegnato rivestendolo di logica e dignità.
Non ci chiede nulla in cambio, né empatia, né condanne, né assoluzioni...solo di ascoltarlo.
Romanzo d'esordio dell'autore argentino, del 1948...eppure sembra stato scritto oggi.
Purtroppo.