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Romanzo distopico che distopico non è
"Poche cose sono più tediose della trattazione di idee universali inflitta da un autore o da un lettore a un’opera di narrativa. Lo scopo di questa mia prefazione non è quello di dimostrare se Un mondo sinistro appartenga o meno alla «letteratura seria» (eufemismo per la vuota profondità e per la sempre ben accetta banalità). Non mi ha mai interessato la cosiddetta letteratura di carattere sociale (in gergo giornalistico e commerciale: «libri importanti»). Non sono «sincero», non sono «provocatorio», non sono «satirico». Non sono scrittore didascalico né allegorico. La politica e l’economia, le bombe atomiche, le espressioni d’arte primitiva e astratta, l’intero Oriente, accenni di «disgelo» nella Russia sovietica, il Futuro dell’Umanità, e così via, mi lasciano supremamente indifferente". Con queste parole lo stesso Nabokov prepara il lettore ad affrontare un libro che ha tutte le caratteristiche dell'opera distopica. Un paese imprecisato, in un tempo imprecisato, caduto sotto un regime dittatoriale guidato da un capo ispiratore e leader di un'ideologia totalitaria. La prima cosa che viene da pensare è che tra la prefazione e il testo non ci sia molta coerenza. Le parole dell'autore non vanno d'accordo con un tal genere di romanzo. Bisogna tuttavia tener presente che, quando si ha a che fare con uno scrittore come Nabokov, vale tutto ed il contrario di tutto. In effetti, se pensiamo a Orwell (nei cui confronti Nabokov non ha mai dimostrato molta stima), a Bradbury, ad Huxley o a Dick siamo fuori strada. Questo libro non ha niente a che fare con le famose opere distopiche di questi autori. Sembra più che il mondo sinistro in questione sia un pretesto per raccontare altro. Adam Krug è uno stimato filosofo, la mente più brillante del suo paese. Da poco rimasto vedovo, cerca come meglio può di preservare il figlio, il piccolo David, dal dolore per la morte della madre. La sua nazione nel frattempo è finita sotto il regime di un certo Paduk, leader del Partito dell'Uomo Comune, portatore di un'ideologia, l'ekwilismo, che fa dell'ignoranza, della mediocrità, dell'omologazione i suoi punti cardine. Il nuovo esecutivo cercherà in tutti i modi di portare l'esimio professore dalla sua parte, affidandogli incarichi prestigiosi in cambio di appoggio e propaganda. I continui rifiuti del protagonista porteranno il governo a ricattarlo usando l'unica vera arma a disposizione: David. Le conseguenze saranno catastrofiche. Certo, non mancano le critiche ai totalitarismi, ai dittatori e ai loro ciechi seguaci, alla società, alla violenza, alla messa alla gogna e alla soppressione di chi la pensa diversamente. Il vero tema del libro, però, è un altro: è la tenerezza del rapporto padre figlio, è la cupa disperazione che nasce dalla violenta interruzione di questo legame, è l'abissale follia in cui può sfociare il dolore, è la pazzia intesa come unico rimedio all'orrore che ci circonda. Lo stesso autore specifica che, se proprio si vuol cercare una chiave di lettura politica in questo romanzo, la si può trovare esclusivamente nella critica all'insana idea di voler a tutti i costi rendere gli uomini uguali livellandone le coscienze verso il basso. Lo stile, come sempre nei libri di Nabokov, è ricco di virtuosismi, di giochi di parole, di riflessioni filosofiche. L'autore si avventura fino a inventare dal nulla una vera e propria lingua, si spinge fino a riscrivere Shakespeare a modo suo (scelta coraggiosa quanto discutibile). Inoltre sembra divertirsi a passare spesso dalla prima alla terza persona, ma nel finale si capirà il perché di questa decisione. Tuttavia, anche se sulla scrittura e sul valore dei contenuti non c'è nulla da eccepire, la lettura pecca dal punto di vista della piacevolezza. Un po' di retorica di troppo, figure stereotipate (cosa atipica per chi ha già qualche esperienza con l'autore) ed un protagonista incapace di creare empatia anche nei momenti di maggior dolore abbassano il livello di un romanzo nato con più alte potenzialità. Krug non ispira certo simpatia, troppo compiaciuto di sé, arrogante, presuntuoso, snob, troppo freddo, disinteressato riguardo a ciò che lo circonda finché non viene toccato in prima persona. Il rifiuto di appoggiare il regime è dovuto più ad indifferenza, al disinteresse a schierarsi dall'una o dall'altra parte che ad una reale presa di coscienza, ad un deciso rifiuto nei confronti dell'ideologia dominante. Il passato scolastico da bulletto violento e dispettoso (nei confronti proprio del futuro dittatore Paduk) ne accrescono decisamente l'antipatia. Il Guy Montag di Fahrenheit 451 o il Winston Smith di 1984, pur essendo persone comuni e non i cervelli più importanti della nazione come il personaggio in questione, hanno tutta un'altra caratura e un altro spessore umano. Insomma, se cercate un vero romanzo distopico non lo troverete in quest'opera. Se volete conoscere o approfondire un grande autore leggetelo pure, tenendo però presente che dalla stessa penna sono nate opere di gran lunga migliori.
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