Dettagli Recensione
Amare
Kiev, 1914. La piccola Ada vive nel ghetto ebraico dell’odierna capitale ucraina. La città, infatti, risulta tacitamente divisa in due aree: alla “città bassa” (il ghetto, appunto), popolata dalle classi più povere e disagiate, fa da contraltare una “città alta”, che ospita le élite, gli appartenenti alla ‘intelligencija’ locale.
Sfuggendo ad un feroce pogrom, una delle cieche manifestazioni antisemite tragicamente comuni nell’Unione Sovietica del tardo Ottocento e di inizio Novecento, la piccola Ada cerca rifugio presso la lussuosa dimora dei Sinner, ricchi banchieri residenti nella parte alta della città. Qui rimarrà incantata - ed il suo cuore rapito - dalla visione del giovane Harry Sinner, un bambino ebreo così simile a lei (i due sono perfino lontani parenti), eppure, al tempo stesso, così diverso per condizione sociale e stile di vita.
Diversi anni più tardi, Ada, ventenne e sposata con Ben, amico d’infanzia, ritroverà Harry, il cui dolce ricordo aveva continuato ad albergare nel cuore e nella mente della giovane ragazza: galeotto sarà un quadro dipinto da Ada esposto nella vetrina di un negozio, il cui soggetto e le cui atmosfere riporteranno Harry ai luoghi della propria infanzia, così diversa eppure così simile a quella di Ada; il giovane ne rimarrà colpito al punto tale da domandare al negoziante di poterne conoscere l’autrice...
Ritengo che esistano tre tipologie di romanzo che valga la pena leggere: il romanzo che ti rapisce, catturandoti immediatamente nel proprio vortice narrativo, il romanzo ‘a carburazione lenta’, che migliora pagina dopo pagina, ed infine quegli intrecci apparentemente ‘piatti’, quasi banali nella loro semplicità, seppur stilisticamente notevoli, il cui messaggio arriva nel finale, inaspettato, travolgendoti. È in quest’ultima categoria che colloco “I cani e i lupi” della Némirovsky, le cui ultime pagine raccontano, con un candore e una delicatezza commoventi, di una scelta coraggiosa e sofferta, che molto può rivelare di ciò che significhi amare.
“Fino allora si era limitata a prendere coscienza di ciò che la circondava con la naturale curiosità di una bambina intelligente, ma nessuno sguardo sul mondo esterno le aveva mai procurato un particolare piacere. Ora, invece, una sensazione di piacere, acuta e dolce, penetrò in lei come una freccia. Vide per la prima volta il colore delizioso del cielo, lilla e pistacchio quasi fosse un sorbetto; una luna gialla, pallida, tonda e senza alone, galleggiava nell’aria ancora chiara, e dall’orizzonte accorrevano nuvolette morbide e leggere, che sembravano aspirate dalla luna e come fuse in essa. Ada non aveva mai visto un cielo più bello.”