Dettagli Recensione
Vita-morte-vita
Cosa voleva trasmetterci Saramago scrivendo “cecità”?
Era un esercizio stilistico e immaginativo, mirato ad avvolgere il lettore in un clima di soffocante e disperata cecità o percepiva la necessità di trasmettere un qualche messaggio ed insegnamento?
La lettura, come la musica, regala grandi e personali proiezioni. La mia personale vede entrambe le possibilità come realtà vive più che mai nella lettura appena ultimata.
Lo stile presenta font e interlinea piccoli, frasi sempre di ampio respiro, paragrafi quasi inesistenti, personaggi senza nomi propri ma identificati attraverso l’uso di epiteti (“il cane delle lacrime, “la ragazza con gli occhiali neri”) e man mano un susseguirsi di battute a cascata, talvolta senza nemmeno la specifica di quale personaggio stia parlando; rendendo così anche il lettore cieco, ma in grado, proprio come fanno gli personaggi ciechi, di riconoscere dalle stesse parole chi sta dialogando.
Dentro alla forma, il contenuto. È chiaro come la disperazione e la bestialità prendano velocemente il sopravvento, esplicitando l’appartenenza dell’autore alla filosofia “homo homini lupus”. Tuttavia non si può negare l’inspiegabile sottofondo di calda speranza e familiarità che nonostante tutto non cessa mai di “vedere”, di esistere. Apparentemente sembra essere rappresentato solamente dalla protagonista, la moglie del medico, che non diventa cieca se non alla fine. Tuttavia in vari episodi, forse più silenti, continuano ad esistere forze positive che si contrappongono a quelle mortifere che rendono l’uomo cieco sempre più egoista, menefreghista, solo. Queste forze le riscontriamo nell’unità del piccolo gruppo che si mantiene vivo dall’inizio fino alla fine del libro, non senza lotte, tradimenti e difficoltà; nella solidarietà delle donne; nelle coppie (i giovani descritti in un emozionante e vibrante atto amoroso, la coppia composta dall’oculista e dalla moglie, la nuova coppia data dalla ragazza con gli occhiali scuri e il vecchio con la benda sull’occhio); nell’amore e nelle attenzioni dispensate dal gruppo verso il ragazzino più piccolo del gruppo; ecc.
Sembra proprio che Saramago, scarnificando la società odierna, abbia riscoperto e dato vita ad una primordiale condizione in cui a scontrarsi sono le più ancestrali forze di morte e vita, rappresentando una danza inesauribile, archetipica, dove non si nasconde né la morte dalla vita, né la vita dalla morte. Subito dopo: il gruppo, la condivisione, come naturale possibilità di sopravvivenza, del corpo come dell’anima.
Questa lettura mi lascia la sensazione che l’autore abbia nel libro ottimamente rappresentato la propria idea di uomo, da un lato pervaso dalla paura, dall’egoismo, dalla morte (la cecità rende l’uomo bestia, assassino, violentatore) dall’altro arricchito dalla speranzosa, dalla fiducia, dal senso dell’Altro, dalla vita (solo cercando organizzazione nel gruppo e mantenendo vivi i principali valori come il rispetto e l’uguaglianza l’uomo può sopravvivere e vivere alla cecità).
Ho scelto questa citazione come rappresentante più emotivamente coinvolgente della seconda accezione di uomo (o meglio donna): "[...] è ancora carina [...] Tu mai come adesso. Ecco come le parole, nascondono molto, si uniscono pian piano fra di loro, sembra non sappiano dove vogliono andare, e all'improvviso, per via di due o tre, o di quattro che all'improvviso escono, parole semplici, un pronome personale, un avverbio, un verbo, un aggettivo, ecco lì che ci ritroviamo la commozione che sale irresistibilmente alla superficie della pelle e degli occhi, che incrina la compostezza dei sentimenti, a volte sono i nervi a non riuscire a reggerem sopportano molto, sopportano tutto, come se indossassero un'armatura, si dice, La moglie del medico ha i nervi d'acciaio e poi, in definitiva, la moglie del medico si scioglie in lacrimen per via di un pronome personale, di un avverbio, di un verbo, di un aggettivo, mere categorie grammaticali, mere designazioni, come del pari lo sono le restanti due donne, le altre, pronomi indefiniti, anch'essi piangenti, che abbracciano quella della frase completa, tre grazie nude sotto la pioggia."
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