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Vite
Jadwiga, Masha e Tamara sono le tre donne che abitano la vita di Herman Broder, sopravvissuto all’Olocausto e per questo trasferitosi nel Nuovo Mondo. Herman, dopo la morte di Tamara, la prima moglie, e dei figli, è come se si sentisse in debito per il fatto che la contadina polacca trentatreenne Jadwiga lo ha ospitato rischiando la propria vita e quella della famiglia durante gli anni dei rastrellamenti e delle persecuzioni. Decide così di prenderla in sposa ed è con lei con cui adesso vive sostenendo di esercitare la falsa professione di venditore di libri anziché di scrittore per il rabbino esperto di Talmud della propria Chiesa. La verità è che Herman non può per i dogmi del suo credo coniugarsi con una “non ebrea” e al contempo non può rinunciare a Masha, già sposata con un altro individuo di dubbia reputazione, con cui intrattiene una relazione dai tempi del primo matrimonio. Tutto sembra scorrere normalmente, Herman ha la sua vita, le sue compagnie, le sue abitudini. Un equilibrio effimero che è rotto da due elementi disturbanti: il riapparire di Tamara che non è affatto deceduta come “testimoni oculari” avevano asserito e il fatto che il protagonista continui ad abitare in una situazione di “sospensione nel tempo” perché anche se il Secondo Conflitto Mondiale è giunto al suo termine, anche se gli ebrei non sono più perseguitati – almeno in apparenza – e i campi sono venuti meno, lui continua a risiedere in quegli anni, come se il tempo si fosse fermato. Da qui non vuole avere altri figli oltre a quelli che ha perso, da qui il suo non voler rinunciare a quell’equilibrio costruito, da qui l’impossibilità di rinunciare ad alcuna delle tre figure femminili.
Tema principale di “Nemici” di Isaac Bashevis Singer non è tanto l’amore come la trama e il sottotitolo dell’opera potrebbero far pensare quanto, al contrario, la condizione sociale e psicologica di questi sopravvissuti che non hanno più motivo e ragione di vivere. Perché ne hanno perso ogni senso, ogni scopo. È come se avessero perso l’orientamento in questo mondo che prima non li ha voluti e ora torna ad avere “spazio” per loro. Non solo. L’opera, al suo interno, è ricca di molteplici spunti di approfondimento per quelle che sono le tradizioni, gli usi, i costumi, i principi, le regole esplicite e implicite di questo credo religioso. Vengono rievocati a tal fine i testi sacri che naturalmente vengono applicati al quotidiano e alla condotta del personaggio maschile.
Al tutto si somma una perfetta esposizione narrativa composta da una penna genuina, erudita, minuziosa, precisa e magistrale nella sua capacità narrativa e una notevole delineazione dei personaggi nonché dei luoghi. In particolare, sono proprio le eroine femminili a colpire per la loro semplicità e al contempo complessità. Non stupirà dunque il restare affascinati da Jadwiga, la contadinella, la serva, la maltrattata, la derisa dagli intellettuali, non stupirà il restare affascinati da Tamara e dal suo profondo cambiamento dopo l’esperienza nei lager russi e la perdita dei bambini, non stupirà ancora questo desiderio di un’ancora ferma di Masha, altrimenti una scheggia impazzita. Non sorprenderà questa innata indole al sacrificio propria di queste tre donne innamorate soltanto di Herman e forti del loro essere mutate nel tempo.
Ma non fermatevi al libro. Se dedicherete cinque minuti alla biografia di Singer noterete e riscontrerete tanti tratti in comune tra questo volume e la sua esistenza. Questo a mio modesto parere, avvalora ulteriormente il pregio dello scritto e ne caratterizza ancora più le sfumature del contenuto.
«Il fatto è che per quanto soffrissimo, per quanto non sapessimo mai se saremmo sopravvissuti un altro giorno o addirittura un’altra ora, avevamo bisogno d’amore. Lo bramavamo ancor più di quanto non lo avessimo desiderato in tempi normali.» p. 81
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