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Sotto i cieli dell'Africa
Edito per la prima volta in data 5 ottobre 1956, “Le radici del cielo” è considerato il primo romanzo ambientalista della contemporaneità. Siamo a Fort-Lamy, Africa Equatoriale Francese, il luogo d’attrazione prevalente è l’Hotel Ciadien con il suo bar e la sua pista da ballo affacciati sul fiume, di proprietà di Habib e al cui bancone, con scelta intelligente, le comande sono servite da una bella ragazza bionda di origine tedesca e di nome Minna il cui corpo formoso è affiancato da modi gentili e da qualche sporadico canto. Il bar-dancing è ben presto diventato una meta di grande attrazione per i numerosi avventurieri solitari del Ciad, uomini che dopo essersi arrischiati nella steppa, si siedono al bancone e che ben presto delineano una quotidianità che sarà il “francese pazzo” a rompere. Eh sì, perché un giorno come un altro, mentre la donna è intenta a preparare il locale per la serata e a scegliere la musica relativa, ecco che giunge sulla pista da ballo un uomo dal viso energico e un po’ scuro, dai capelli castani e riccioluti che le parla con voce gentile e con lo stesso tono mellifluo con cui ci si rivolge ad un bambino, quasi come se avesse percepito quelle ombre e quel passato che la donna si porta dietro dalla Germania, dal periodo nazista e post-nazista. Parole che si susseguono dolci, sono le sue, parole che non riguardano l’essere umano, il suo essere, le sue connotazioni quanto gli animali e più precisamente gli elefanti. Questi, sono gli ultimi, i conquistatori dei grandi spazi, esseri liberi e imponenti che ogni anno vengono brutalmente sterminati e abbattuti senza pietà.
È da questi brevi assunti che ha inizio una delle opere più stratificate di Romain Gary. Perché in “Le radici del cielo” le tematiche trattate sono molteplici e risentono fortemente della storia dell’autore, il quale, disgustato dall’essere umano e dai grandi crimini del Secondo Conflitto Mondiale, focalizza la sua attenzione sulle contraddizioni di quest’ultimo per poi portare l’obiettivo della sua fotocamera interna su tutto quel che vi è dietro. L’elefante, in particolare, in questo scritto ha un ruolo simbolico poiché rappresenta la natura che si oppone a tutto quel che ci è proprio e che ci appartiene come specie. Non mancano altresì le riflessioni sull’uomo africano e sui problemi del Continente, questione di cui il portavoce non è altro che Waitari che combatte per l’Africa libera in apparenza, per sé stesso e per il suo essere il prodotto francese di una società sempre più tecnologica, in realtà. Gary sembra volerci invitare a notare quella linea sottile che divide e differenzia chi è davvero puro e disinteressato da chi, invece, tutto è tranne che tale perché ambizioso, perché spinto da motivazioni personali, da fama, ricchezza, successo.
Tramite la voce di Morel, ancora, il disincanto, la disillusione, perché quest’ultimo che ancora crede nella bontà dell’uomo e che ancora ha fiducia in lui, non si accorge della brutalità che ha insita. Molto interessante anche il ruolo di Minna, per il suo essere stata e a volte ancora essere una prostituta, per il suo essere tedesca, per quel che proprio a causa della sua nazionalità rappresenta e per il naturale parallelismo con il “francese pazzo” e le sue idealizzazioni.
Dal punto di vista stilistico si percepisce la penna dell’autore de “La vita davanti a sé” o de “Gli aquiloni” o di “Educazione Europea” eppure, qualcosa stona. Probabilmente la causa di questa nota discordante è data dalla eccessiva ridondanza e prolissità dello scritto che affascina, che incuriosisce, che stuzzica la curiosità e la riflessione ma che eppure fatica concedere accesso a chi legge che tenta in ogni modo di farsi spazio, di entrare dentro la storia e che tuttavia resta sempre un passo indietro, che è, infatti, fermato da un vetro invisibile sulla soglia e che riesce nell’intento soltanto dopo molto molto tempo dal suo principio. Dal punto di vista contenutivo l’elaborato è ricchissimo di spunti di meditazione, di argomenti, di elementi che lo rendono unico nel suo genere e meritevole di essere letto e riletto per una più esaustiva e approfondita analisi.
«Evidentemente gli uomini erano talmente imbevuti di sé stessi da non riuscire a immaginare che qualcuno potesse averne abbastanza di loro, di vederli, di sentirne l'odore, e andasse a vivere fra gli elefanti semplicemente perché non esiste al mondo compagnia migliore.»
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