Dettagli Recensione
Piazza della Liberazione
È il 25 gennaio 2011, il Cairo è protagonista di una delle più grandi manifestazioni della storia, una manifestazione di rivolta contro Hosni Mubarak e verso quell’ancien régime che rappresentava e che vede la piazza Tahir invasa da anime e voci e cori di protesta. Tra queste voci ci sono anche studenti universitari e tra questi studenti universitari ci sono Khaled, giovane attivista la cui ragazza, Dania, è studentessa di medicina nonché figlia del capo dei servizi segreti ‘Alwani che le ha consentito di crescere nel lusso e nell’agio, tra favoritismi mai dalla stessa richiesti eppure sempre elargiti e che ora si distanzia da quel palazzo di vetro rosato per lei appositamente costruito, Asmaa, insegnante di inglese che si rifiuta di indossare il velo, circostanza che le costerà cara, e Ashraf, la cui abitazione si affaccia proprio sulla piazza teatro delle esecuzioni e che in quei giorni della Rivoluzione si ritrova solo con la desiderata domestica Ikram essendosi la moglie rifugiata dalla famiglia paterna. Ha una concezione molto particolare del mondo femminile, quest’ultimo, e nello specifico sulla condizione della cameriera in rapporto e relazione con il suo padrone. Nelle prime pagine molteplici sono le digressioni e le “istruzioni per l’uso” che fornisce al lettore circa l’utilizzo sessuale di questa categoria. Tre protagonisti ciascuno con la propria storia e il proprio vissuto a cui si sommano altri personaggi di diverso spessore e ruolo ma che se sommati ai primi, con il loro essere e le loro contraddizioni, contribuiscono a ricostruire quel modello di vita e di società corrotto proprio.
Da qui il racconto si stacca dall’esser solo racconto e diventa testimonianza storica. Anzi, mi correggo, riprende totalmente quelle che chiaramente sono le sue intenzioni sin dal principio. Perché Al-Aswani, che in quei giorni si fece portavoce di quella tragedia, si fa carico degli avvenimenti e li riesuma dall’oblio evidenziando quanto corruzione, indifferenza, passività, marciume siano capaci di prevaricare sulla dignità umana perché alla fine quel che conta è tirare avanti, non tanto vivere, quanto sopravvivere seppur ciò significhi dover scendere a compromessi. Tante sono le lacrime e gli interrogativi degli sconfitti di Piazza Tahrir, tanti i quesiti che li portano a chiedersi per cosa alla fine hanno davvero combattuto, per cosa hanno versato sangue, per cosa sono stati umiliati e stuprati. Perché la verità è una e semplice: nonostante Mubarak sia caduto, il regime ha trovato la forza di resistere e di sopravvivere al crollo del suo leader non solo restando in piedi ma continuando a far baluardo della propria ragion d’essere la corruzione. Questo carattere emerge soprattutto nell’agire e nel comportarsi dei cd rappresentanti dei servizi segreti, i quali, indisturbati e come se nulla fosse accaduto bensì come se tutto fosse semplicemente stato parte di un disegno più grande, continuano a spadroneggiare, a torturare, ad ottenere le informazioni di cui necessitano e a diffondere accuse senza fondamento a carico dei soggetti ritenuti disturbanti, in tutti i modi e con tutti gli strumenti di rilievo e utilizzo in quel dato momento. Al quadro delineato, si aggiunge la problematica della fede religiosa islamica: che sia questa la “colpevole” dell’attuale volto del paese? O che al contrario la colpa non sia tanto del credo quanto di quella diffusa corruzione, quel desiderio di potere, denaro, ricchezza e potenza che sono stratificati nella società egiziana descritta?
Molteplici sono le riflessioni che “Sono corso verso il Nilo” è in grado di suscitare. E questo perché Al-Aswani ben riesce ad unire e fondere prosa narrativa con dati e fatti di cronaca contemporanea. Unendo i due ingredienti il risultato è quello di un libro forte pieno di emozioni, di dolore e di voce che chiede semplicemente di essere ascoltato e che non si sottrae a critiche, giudizi, condivisioni e considerazioni.
Dal punto di vista stilistico l’opera si presenta caratterizzata da un linguaggio forbito che si erge in un alternarsi di voci cantanti a seconda del personaggio che è in prima linea in quel momento; carattere, quest’ultimo, che rende il leggere molto più veritiero e concreto. Non solo, questo alternarsi di io narrante, è proprio ciò che, secondo il mio modesto giudizio, consente davvero di comprendere quella denuncia e quella ribellione alla corruzione e ai meccanismi del passato che la lotta nella Piazza della Liberazione ha significato o avrebbe dovuto significare. Perché ancora oggi, la piazza di Tahrir, fatica ad indossare questa nuova veste che i fatti del 2011 le hanno attribuito.
Un elaborato da gustare un poco alla volta, senza fretta e con dovizia. Uno scritto adatto a chi vuole approfondire questo fenomeno storico e a chi ha interesse a conoscere della presunta e fasulla democrazia egiziana in quel mix di ipocrisia e silenzio-assenso occidentale.
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Commenti
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Non so te ma sono rimasta molto colpita da alcuni passi, nella lettura. Non solo nella descrizione della rivolta ma anche nella delineazione accurata e minuziosa di quei costumi e di quella mentalità radicata che trova fondamento nelle scuse più varie. In particolare, la corruzione del generale dei servizi per ottenere privilegi per la figlia mi ha più volte fatta soffermare ad interrogarmi. Mi ha, ancora, molto colpita la scrittura con cui l'autore trasmette il messaggio: sempre in bilico tra finzione e realtà, chiedo il favore ma poi non lo chiedo perché viene da solo, basta che alzi il telefono. Per non parlare della condizione femminile.
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Hai scritto una recensione decisamente approfondita! Dici bene, in conclusione: "presunta e fasulla democrazia egiziana"... Ahinoi, così l'ipocrisia della diplomazia occidentale ci aveva sempre dipinto il Paese fino al 2011! Una mia conoscenza al Cairo, proprio pochi giorni fa, mi scriveva sconsolato che in Egitto non ci sarà mai giustizia né libertà, visto come vanno le cose. E detto da un giovane fa davvero male perché il popolo egiziano si merita molto di più di questi governi dittatoriali e corrotti che si riempiono la bocca con Allah! :(