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La treccia
 
La treccia 2018-11-29 10:12:02 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    29 Novembre, 2018
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Smita, Giulia e Sarah

«Attraversano e improvvisamente ci siamo, è arrivato il momento, deve lasciare la mano di sua figlia, dall’’altra parte della strada. Smita vorrebbe dirle: sii felice, non dovrai fare la mia vita, crescerai sana, non tossirai, avrai una vita migliore, più lunga, e la gente ti rispetterà. Non sarai marchiata da questo fetore infame, da quest’odore indelebile e maledetto, avrai una dignità. Nessuno ti lancerà gli avanzi come a un cane. Non chinerai mai più la testa né lo sguardo. Smita desidererebbe con tutto il cuore dirle queste cose. Ma non sa come esprimerle, come parlarle delle sue speranze, dei suoi sogni un po’ folli, di quella farfalla che si agita dentro di lei. Allora si china verso Lalita e le dice, semplicemente: vai!» p. 56/57

Tre donne. Smita, del villaggio di Badlapur, Uttar Pradesh, in India, è una intoccabile. Il suo lavoro è quello di raccogliere gli escrementi delle famiglie di ceto sociale più alto dalle fosse delle loro proprietà. Non può sottrarsi a questo, è il suo destino. Ogni mattina con la cesta che le è stata tramandata da sua madre si aggira per le venti abitazioni che le spettano ed esegue al meglio il suo lavoro, senza ricevere che gli avanzi, che l’elemosina che detti nuclei familiari decidono di donarle. Se decidono di donarglielo. Nagarajan, il marito, è un ripulitore. Il suo compito è cioè quello di rimuovere dal paese i ratti molesti che attaccano i campi, i raccolti, le persone. Quei ratti costituiscono anche il salario degli uomini che li hanno catturati e per la famiglia di Smita rappresentano anche la cena. È un uomo buono suo marito, non l’ha mai picchiata o insultata e anzi, le ha donato Lalita, la figlia amata e desiderata che ha appena sei anni. E adesso, la madre, non anela altro che mandare a scuola proprio questa figlia. A qualunque costo. Perché non vuole che subisca le sue stesse sorti, che sia condannata allo stesso epilogo. Ma quali sacrifici e quali scelte dovrà fare Smita per riuscirvi? Perché la sua condizione di intoccabile non si cancella così, semplicemente. Anzi. Sarà proprio il maestro a ricordarle quanto non vi sia possibilità di riscatto per loro che sono i reietti della società. Che fare? Sopportare? Condannare Lalilta? Scappare?
Sicilia, Palermo. Giulia Lanfredi è l’erede dell’ultima ditta specializzata in lavorazione di capelli per la realizzazione di parrucche di unica e pregiata fattezza. L’incidente del padre le apre gli occhi su quella che è la realtà di questa attività di famiglia per la quale ella ha deciso di non continuare gli studi oltre il diploma. Un segreto, quello che apprende, che, nonostante i suoi vent’anni, la colloca immediatamente nell’età adulta, con tutte le responsabilità e scelte annesse e connesse. A farle da spalla, amico, amante e complice, Kamal, sikh il cui incontro casuale rappresenterà il miracolo.

«Così vanno le cose, pensa Giulia, a volte la vita unisce i momenti più bui a quelli più luminosi. Con una mano dà e con l’altra toglie» p. 128

Montreal. Sarah Cohen, equity partner del prestigioso studio legale Johnson & Lockwood, è una avvocatessa di successo, grande professionalità e bravura. Ha tre figli, due gemelli e una bambina nati da due matrimoni diversi, è una bellissima donna, e scopre di avere il cancro. Un cancro che per primo si era portato via sua madre e che ha una particolare familiarità con le donne ashkenazite. La sua strategia è semplice: come ha tenuto nascoste le gravidanze, può tenere nascosto anche questo. Peccato che non abbia fatto i conti con l’ambiente che la circonda, un ambiente di squali dove non ti puoi permettere di sanguinare. Perché per quanto medici e infermieri l’abbiano preparata alle terapie, agli effetti e all’avanzare dalla malattia, nessuno l’ha informata su un altro aspetto ovvero quell’isolamento lento e doloroso che accompagna la malattia, quella lenta e dolorosa esclusione di cui è diventata oggetto. La sua sarà una lotta alla sopravvivenza, da un lato, ma anche alla discriminazione dall’altro perché al solo pronunciare della parola “malata” tutto attorno a lei muterà, dapprima impercettibilmente, di poi, sempre più evidentemente. Sarà qui che Sarah dovrà tirare fuori tutto il suo coraggio e la sua tenacia.
Con “La treccia” Laetitia Colombani tesse e unisce la storia di tre donne che mai si incontreranno fisicamente ma il cui destino è intrecciato da fatti, coincidenze, circostanze, vissuto. Il tutto avviene mediante una penna leggera, scarna, basica, rude, non troppo impegnativa e non caotica, che accompagna passo passo chi legge verso l’epilogo e verso quella che poi è la vera essenza dello scritto: il contenuto.
Perché tanti sono in temi trattati dall’autrice, temi che vanno dal desiderio di un riscatto sociale, al desiderio di un futuro migliore per i nostri cari, a un desiderio sempre più latente di crescita e responsabilizzazione ma anche di amore in quello che è un contesto bigotto e chiuso, alla discriminazione della donna sul mondo del lavoro, alla sua emarginazione per il solo fatto di avere il cancro e molto altro ancora. Ogni personaggio rappresentato crescerà nella narrazione e raggiungerà un nuovo stadio di consapevolezza. Lotterà per i suoi sogni, per il futuro, per l’amore, ma anche per i suoi diritti, capendo dove sono stati gli errori e cercando di porvi rimedio.
Un testo semplice e senza pretese eppure duro e forte tanto da non dimenticarsi facilmente.

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