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La guerra, l'amore, la storia
"Rosso era il sangue dei fratelli assassinati nel Nord; nero era il lutto per la loro morte; verde, il colore della prosperità a venire del Biafra e, infine, la metà di un sole giallo indicava la gloria futura del paese". Chimamanda Ngozi Adichie ci presenta uno spaccato di storia troppo spesso taciuto, ignorato, in cui sangue, fame e prevaricazione si mischiano all'orgoglio, al senso di appartenenza, alla forza di un popolo. Siamo nella Nigeria degli anni Sessanta, un paese appena riscattatosi dalla lunga dominazione britannica, che scopre quanto sia difficile, dopo anni di sopraffazione, imparare a camminare con le proprie gambe. Uno Stato creato sulla carta e in base agli interessi dell'Occidente, con confini artificiali entro i quali etnie diverse convivono in una pace che non sembra destinata a durare in eterno. Scopriamo questa pagina nera attraverso tre voci narranti, tre personaggi diversi, con storia, cultura e sensibilità differenti, che fanno parte dello stesso nucleo familiare, che patiscono gli orrori di un conflitto insensato vivendoli ognuno a suo modo e subendone in maniera diversa le conseguenze. Olanna, donna di grande fascino e cultura, benestante figlia di un pezzo grosso nel campo delle costruzioni, che per amore del rivoluzionario Odenigbo abbandona agi e ricchezze. Ugwo, il suo giovane e sveglio domestico, ligio al dovere e desideroso di imparare, di studiare, di riscattarsi e crescere, smanioso di affrontare la vita. Richard, inglese bianco innamorato della lingua, della cultura, della terra che lo ospitano e che lui ormai considera sue, nonché della bella sorella di Olanna, la marmorea, sarcastica e risoluta Kainene. Le loro tranquille esistenze sembrano indirizzate verso un futuro pieno di opportunità, di serenità, di benessere. Finché gli animi non si scaldano, i mitra cominciano a sparare, il sangue scorre come fosse acqua. Finché uomini che fino al giorno prima vivevano in pace, che condividevano la stessa terra e lo stesso destino non si fanno sopraffare da un odio privo di qualsiasi senso. Finché lo scontro fratricida non sfocia in guerra civile, in secessione, in cieca e spietata violenza. Intanto l'Occidente guarda facendo finta di non vedere, ascolta facendo finta di non sentire, si schiera simulando un'ipocrita neutralità. Ma non c'è solo la storia, non si parla solo di guerra, non è tutto negativo in questa bellissima opera. C'è lo spazio per l'amore. Un amore che va oltre le differenze razziali e quelle di classe, che perdona e sa farsi perdonare, che brucia i corpi e appaga i cuori. Poi c'è l'amicizia, quella che lega persone che condividono obiettivi e ideali ma riesce anche ad unire chi appartiene a mondi differenti o la pensa in maniera diversa. C'è la cultura, la cui importanza è messa sempre in primo piano. Ci sono le tradizioni, che lottano contro una modernizzazione troppo spesso di stampo occidentale, provando a difendersi con il loro affascinante bagaglio e portandosi inevitabilmente dietro strascichi di pregiudizi e superstizioni. C'è una prosa dolce che accompagna egregiamente i bei momenti e attenua l'orrore dei passaggi più cruenti. Ci sono bellissime descrizioni, piacevoli divagazioni, interessanti notizie storiche. Ci sono personaggi ricchi di carisma, di fascino, capaci di entrare nel cuore del lettore. C'è una storia che in pochi conoscono e che invece dovrebbe essere di esempio per i popoli di tutte le razze, le religioni, le convinzioni politiche, una sorta di monito a che certi fatti non si verifichino ancora in futuro. C'è un'autrice ricca di talento e sensibilità, che ama la sua terra e la sua gente e che, proprio per questo, non può fare a meno di raccontare tristi e scomode verità.
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