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La fine delle illusioni.
Con “Circolo chiuso” Jonathan Coe prosegue l’analisi della società britannica, riprendendola là dove l’aveva lasciata con “La banda dei brocchi”. È infatti attraverso gli stessi protagonisti che l’autore mette in luce tutti i più rilevanti limiti della politica degli anni novanta, fino alla soglia del duemila. Con il personaggio di Paul siamo di fronte all’aspetto deplorevole del parlamentare ambizioso che più che gli ideali persegue un successo personale quanto mai aleatorio. Da posizioni dichiaratamente conservatrici egli non esita ad abbracciare la causa laburista a quel tempo rappresentata da Blair. E su Blair, sul suo impegno nel sostenere la folle guerra in Iraq, Coe scrive pagine di critica che lasciano trapelare la disillusione di gran parte di coloro che l’avevano sostenuto. Dunque l’immagine del personaggio Paul ne esce inevitabilmente compromessa, considerato anche il suo comportamento nella vita privata. La funzione della stampa, la sua influenza sull’opinione pubblica, la sua manipolazione, emergono attraverso il personaggio di Doug, coerente nella sua ambizione. Non mancano critiche all’insorgente mercato globale che va distruggendo importanti realtà ben radicate sul territorio, come nel caso della Rover assorbita dalla tedesca BMW, con il conseguente licenziamento di un numero notevole di persone. Siamo all’inizio di un processo che sfortunatamente ci è ormai ben noto, con il risultato di un appiattimento di ogni individualità in un mondo asservito alla finanza, un mondo che ha alla base una inevitabile mobilità che impedisce ogni sicurezza. “I nostri genitori restavano nello stesso posto di lavoro per quarant’anni. Oggi invece nessuno riesce a star fermo.” Sono le parole di Claire.
Claire e Benjamin , la prima sempre nostalgica d’un amore mai realizzato, e sempre alla ricerca della sorella scomparsa, è anche lei in continuo movimento, nella speranza di raggiungere una tranquillità definitiva; il secondo, Benjamin, le cui qualità di artista incompreso e incompiuto sono le uniche a essere stabili, riesce a distruggere quella aleatoria tranquillità che aveva raggiunto, per inseguire un sogno. E dunque anche l’amore, così importante per ciascuno di questi personaggi, è sempre problematico, troppo spesso basato sull’inganno e sull’egoismo. Il quadro che Coe ci prospetta nel suo romanzo è sicuramente estensibile a qualsiasi altro paese occidentale. A Sophie e Patrick, i giovanissimi eredi di questo mondo, un futuro di probabile precarietà e incertezza. E il cerchio infine si chiude. “E quando la luna piena comparve di nuovo, alta sopra il Reichstag e il Tiegarten, i due ragazzi capirono che era ora di andare via e che il cerchio si era chiuso per l’ultima volta.”
A conferma di ciò che aveva voluto esprimere con il suo romanzo, Coe ne cura la struttura in modo del tutto originale. Dopo un inizio che raccoglie una serie di lettere di Claire alla sorella scomparsa, il libro è suddiviso in due parti, ciascuna delle quali è composta di capitoli, la cui numerazione procede a ritroso, proprio a voler evidenziare l’intenzione di procedere verso la chiusura del cerchio. Un romanzo bellissimo, uno dei migliori di Coe.
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Una presentazione assai accattivante. Pensa che non ho letto nulla dell'autore!