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Una donna, una città ed un pizzico di fortuna..
"Questa storia inizia come tante altre: una donna, una città ed un pizzico di fortuna".
Ma a differenza di tante altre storie che muoiono dimenticate, Shantaram riscuote un successo editoriale a livello internazionale risollevando le sorti della turbolenta esistenza dell'autore Gregory David Roberts alla cui vita il romanzo è ispirato.
Eppure Shantaram non può essere considerato, a mio parere, un capolavoro: un capolavoro è sinonimo di perfezione mentre Shantaram non è esente da difetti: eccessiva prolissità e ripetitività di contenuti che hanno sicuramente rimpinguato la mole del libro rendendo però noiosa oltre misura la lettura di alcuni capitoli; una costante e spesso stucchevole propensione verso note mielose tali da rendere sin troppo platonica e e finta la storia d'amore che si svilupperà durante l'intera trama e che poco realisticamente non sfocia mai in momenti di più 'carnale' passionalità; infine, la figura del protagonista esageratamente mitizzata, a tratti paradossale, una sorta di super-eroe dalle mille e una vite in grado di evadere dal carcere australiano di massima sicurezza in cui era rinchiuso per rapina a mano-armata, atterrare a Bombay sotto il falso nome di Lindsay, trovare rifugio in una delle misere baracche dello slum alla periferia di Bombay dove viene osannato quasi fosse un santone assistendo centinaia di indiani grazie all'esperienza 'medica' acquisita curando ferite in carcere, riesce ad infiltrarsi nella più grande organizzazione criminale di Bombay diventando in poco tempo un guru nell'arte del riciclaggio, della contraffazione e del traffico di armi, sopravvive alle più terribili torture che mente umana possa concepire, diventa manager di Bollywood e, dulcis in fundo, partecipa a missioni suicide contro l'esercito russo in Pakistan e Afghanistan, a dispetto quasi dell'appellativo 'Shantaram' (ossia 'uomo di pace' in lingua marathi) che gli viene attribuito durante la sua permanenza in un villaggio indiano.
Non saprei ora quanto ci sia di autobiografico in tutto ciò e quanto sia frutto di fantasia ma credo che il piatto della bilancia sia fortemente inclinato verso questa seconda opzione.
Dunque ci sarebbe da chiedersi: perché Shantaram ha avuto così tanto successo?
Perché è magico. Perché riesce a trasmettere emozioni, riesce a magnetizzare il lettore catapultandolo in India, a Bombay, tra le sue strade, tra i suoi milioni di abitanti, un caleidoscopio sociale multi-etnico in cui trovano posto esseri umani di ogni razza ed estrazione amalgamati in un improbabile miscuglio. Shantaram è una finestra sull'India, la sensazione che si prova leggendolo è analoga a quella ben descritta dal protagonista appena atterrato a Bombay e sopraffatto dall'aria di quella città:
"La prima cosa che mi colpì di Bombay, il giorno del mio arrivo, fu l'odore diverso dell'aria. E' l'aroma impregnato di sudore della speranza, è l'aroma acre e soffocante dell'avidità, è l'azzurro aroma di pelle del mare. Fiuti il trambusto, il sonno ed i rifiuti di sessanta milioni di animali, in gran parte topi ed essere umani. Fiuti lo struggimento, la lotta per la vita, i fallimenti cruciali e gli amori che creano il nostro coraggio."
Leggere Shantaram è come guardare un film di Bollywood che ti avvolge con le sue scenografie dai colori sfarzosi e le struggenti melodie di amore: perché come scoprirà lo stesso protagonista durante la sua permanenza a Bombay, nonostante la violenza, le ingiustizie e la criminalità che imperversa in tutta la città, gli indiani credono fermamente e senza alcuna remora nell'amore e nella speranza che porta con sé:
"Erano poveri, stanchi e preoccupati ma erano indiani, e ogni indiano è pronto a dirvi che anche se l'amore non è stato inventato in India è qui che ha raggiunto la perfezione. E' così che questo posto pazzesco sta insieme - grazie al cuore. Duecento fottute lingue diverse e un miliardo di persone. L'India è il cuore. E' il cuore che ci tiene insieme."
Non mi resta quindi che augurarvi buon viaggio attraverso l'India e le Mille e 165 pagine di Shantaram.
"Ho imparato che bisogna saper cogliere ed esprimere a parole i momenti di affetto e sincerità, perché potrebbero non ritornare mai più. Se rimangono inespressi, accantonati ed inutilizzati avvizziscono e, quando dopo troppo tempo, la mano del ricordo vorrebbe coglierli, si sgretolano fra le sue dita."