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La ricamatrice di segreti
 
La ricamatrice di segreti 2018-09-24 08:29:12 La Lettrice Raffinata
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    24 Settembre, 2018
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Il Diavolo veste Prada sul Titanic

Nel 2012, per celebrare il centenario del tragico affondamento del Titanic, diversi autori pubblicarono romanzi o saggi a tema; ricordo di aver letto all’epoca “Fateful” di Claudia Gray, un romance trash con protagonisti i licantropi. Anche la giornalista Kate Alcott decise di pubblicare il suo esordio narrativo in quest’occasione, commettendo però un errore comune tra gli esordienti: che è alle prese con il suo primo romanzo ha spesso parecchie idee che vorrebbe sviluppare, e per questo il consiglio più frequente è di concentrasi su un solo progetto, accantonando gli altri per futuri lavori.
La Alcott non ha purtroppo seguito queste lezione, finendo col mescolare in questo volume due romanzi ben distinti: da un lato si segue l’inchiesta condotta dal Senato degli Stati Uniti per comprendere le responsabilità circa l’affondamento del famoso transatlantico, dall’altro viene sviluppata una sorta di rivisitazione in stile anni Dieci de “Il Diavolo veste Prada”.
Ad unire -o meglio, a tentare di unire- due filoni con ben pochi elementi in comune ci sono la parte introduttiva del romanzo e la protagonista, la giovane Tess. La ragazza viene presentata come un’umile domestica con il sogno di diventare sarta a tempo pieno, e questo è il motivo che la porta a lasciare il suo posto di lavoro e cercare di imbarcarsi sulla “Nave dei sogni”.
Purtroppo già da questo punto la protagonista comincia a starci a noia, per la ridicola sequela di colpi di fortuna che le capitano: sul molo incontra infatti Lucy Duff Gordon, la stilista che più ammira, la quale appena piantata dalla cameriera la assume nonostante la sua evidente imbranataggine. Tess si salva logicamente dal tragico affondamento del Titanic e, una volta arrivata a New York, comincia a lavorare nell’atelier di Lucy arrivando a gestire la sua sfilata. Ma questo non basta: la Alcott pare determinata a sommergere la giovane di buona sorte immeritata, eccola infatti fornita di un appartamento personale e di ben due uomini utopisticamente perfetti pronti a farle una corte spietata.
Fortunatamente Tess capisce di non meritare davvero tanti regali dalla sua creatrice e molla sia il lavoro dei suoi sogni sia i due pretendenti. Peccato che queste scelte coraggiose vengano rovinate dal finale bucolico e pieno di liete speranze, nonché dal passato di Tess: non è realistico che una giovane donna abituata ad una vita di rinunce ed umiliazione molli tutto solo per orgoglio.
Ma Tess non è il solo personaggio con dei problemi di caratterizzazione, perché l’autrice nel tentativo di tratteggiare dei personaggi sfaccettati finisce con esagerare e arrivare ai limiti del bipolarismo, come nel caso di Lucy.
Salvo invece la giornalista Pinky ed il Senatore Smith, che ho apprezzato soprattutto per i ruoli da loro svolti nell’inchiesta, a mio parere la parte più interessante ed originale del romanzo.
Gli interessi amorosi di Tess non mi hanno affatto colpito, sia per la già citata perfezione (della serie “ti amo alla follia, ma so che vuoi lui, quindi ciao”) sia per le ridicole proposte di matrimonio / convivenza, proposte ridicole in quanto la protagonista conosce entrambi da qualche settimana. Promuovono l’ottima preparazione storica di base, evidente soprattutto nelle scene collegate al mondo del giornalismo per le quali l’autrice è stata probabilmente aiutata dalla sua professione.
In generale, lo stile è snello e diretto, ma a tratti si ha la sensazione che la narrazione sia carente in alcuni passaggi e si passa in modo troppo brusco da una scena all’altra. Quello che non manca è invece il sovrannumero di descrizioni parecchio dettagliate di abiti, ma questo trova giustificazione nel lavoro della protagonista. La narrazione è però in terza persona e segue un buon numero di POV, spesso passando repentinamente da uno all’altro, scelta che genera inevitabilmente confusione nel lettore.
L’aspetto stilistico che mi ha fatto maggiormente sospirare -in senso negativo- è il continuo ricorrere alle interrogative dirette, come di recente avevo riscontrato in “Fated”. E la Alcott non si limita a rimpinzare i suoi lettori di domande retoriche, ma li delizia anche con immediate risposte.

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