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Cronaca di una morte risaputa ma non... annunciata
Avevo cominciato la lettura di questo libro piuttosto carico di aspettative. Non me ne voglia chi ha amato il libro, ma devo dire che non mi ha colpito quanto credevo, e ho apprezzato molto di più l'unica altra lettura che ho fatto dell'autore, ovvero "L'amore ai tempi del colera".
Il romanzo è molto breve ed è proprio quello che promette, la cronaca quasi giornalistica della morte di Santiago Nasar, a quanto pare basata su un fatto reale ma con l'aggiunta di un'ampia componente narrativa.
La trama è molto semplice, un bel giorno si consuma il matrimonio tra Angela Vicario e un forestiero molto ricco, Bayardo San Romàn, appena arrivato in questa cittadina colombiana. Peccato che nella prima notte di nozze, quest'ultimo scopra che la sua novella sposa non sia vergine. Ferito nell'orgoglio, Bayardo la riporta nella casa della madre, dove la giovane Angela confesserà che l'autore di questo disonore è il povero, inconsapevole, Santiago Nasar. Cosa possono fare i due fratelli gemelli della disonorata, Pedro e Pablo, se non rivendicare l'onore tramite l'assassinio del fornicatore? Omicidio che sbandiereranno ai quattro venti, che grideranno ad ogni orecchio che sia in grado di sentire (probabilmente sperando che qualcuno li fermi), ma che nessuno ha la forza d'animo di impedire.
Il primo sentimento che si è generato in me è quello dell'incredulità; chè se un delitto di tal sorta dovesse essersi compiuto davvero in questi termini, va oltre la più fervida immaginazione. Il lettore non può credere che stia succedendo davvero, che Santiago Nasar stia andando incontro alla propria morte e che tutto il paese lo sappia ma non alzi un dito né tantomeno lo avvisi dell'imminente pericolo.
Come precisa la quarta di copertina, la storia dell'omicidio del protagonista di questa storia è un'allegoria dell'assurdità della vita, e infatti tutto quello che accade è ai limiti dell'assurdo, la narrazione è avvolta in una sottile ironia che è in continuo contrasto con la tragicità degli eventi. Non si può fare a meno di provare compassione per il povero Santiago, stroncato nel fiore della giovinezza a causa di una giovane priva di coscienza e pudore. Nonostante il suo funesto destino, l'autore sembra quasi prendersi gioco del povero Santiago, anche quando è ridotto ormai a un cadavere. L'assurdità della vita... sarà...
Il messaggio che l'autore vuole trasmettere è chiaro, è chiara la sua allegoria; ma se devo essere sincero non mi ha colpito quanto credevo. Sicuramente apprezzabile da un lettore più sensibile a questo genere di narrazioni e temi.
"Era così perplesso sull'enigma che gli era toccato in sorte, che molte volte incorse in divagazioni liriche contrarie al rigore del suo mestiere. Soprattutto, non gli parve mai giustificato che la vita si servisse di tante casualità proibite alla letteratura, perché si compisse senza ostacoli una morte tanto annunciata."
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Commenti
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Federica
Sicuramente leggerò anche "Cent'anni di solitudine", prima o poi... nonostante l'ultima lettura non mi abbia entusiasmato, apprezzo comunque Marquez. Mi segno anche l'autore che hai citato, grazie!
Vale.
Vale.
Vale.
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Non ho letto questo libro, ma "Cent'anni di solitudine", anch'esso a tratti surreale e appartenente al filone del realismo magico, mi aveva colpito parecchio. Lo consiglierei a chi ha apprezzato Salman Rushdie.