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Un diario dall'aldilà
"Mi chiamavo Salmon, come il pesce. Nome di battesimo: Susie. Avevo quattordici anni quando fui uccisa, il 6 dicembre del 1973. Negli anni Settanta, le fotografie delle ragazzine scomparse pubblicate sui giornali mi somigliavano quasi tutte: razza bianca, capelli castano topo. Questo era prima che le foto di bambini e adolescenti di ogni razza, maschi e femmine, apparissero stampate sui cartoni del latte o infilate nelle cassette della posta. Era quando ancora la gente non pensava che cose simili potessero accadere". Un giallo in cui seguire le indagini pur sapendo già chi è l'assassino. Una storia di spietata violenza, di crudele omicidio, di un'esistenza stroncata proprio nel momento in cui cominciava a fiorire. Spaccati di vita ordinaria di chi sopravvive alla tragedia lottando ogni giorno contro il dolore, la rabbia, la rassegnazione. Una panoramica impietosa su una società troppo spesso incapace di proteggere i suoi membri e di consegnare alla giustizia chi si macchia di tremendi crimini. Amabili resti di Alice Sebold è tutto questo ma anche di più. È il mondo visto attraverso gli occhi di un'adolescente. È la frustrazione di una madre che ha sacrificato i suoi sogni per il bene della famiglia e ad un certo punto non ce la fa più e decide di scappare. È un libro scritto con grande sensibilità, con una buona prosa, con la giusta dose di fantasia e originalità che aiutano a stemperare il clima di tensione, di tristezza, di rabbia che permea la storia. Siamo nella provincia americana, negli anni Settanta. La tranquilla vita della famiglia Salmon è sconvolta da un triste episodio: una sera di dicembre Susie, la primogenita di Jack e Abigail, nonché sorella di Lindsey e Buckley, non rientra a casa. Le ricerche della polizia portano soltanto al ritrovamento di un gomito, di un cappellino fatto a maglia e di una pozza con molto, molto, molto sangue. Indizi inequivocabili che lasciano poche speranze. Sul possibile assassino, invece, niente di niente. Ma noi sappiamo tutto, conosciamo ogni minimo particolare della tragedia perché è la stessa vittima a raccontarci ogni cosa. Ed è sempre lei, dall'alto del suo cielo, a seguire la vita di chi è rimasto laggiù e cerca di dare un senso alla sua scomparsa, di sopravvivere alla sua assenza. È Susie a soffrire vedendo il suo carnefice a piede libero, la sua famiglia sgretolarsi, i suoi cari impazzire, la polizia impotente in assenza di prove. È Susie, attraverso frequenti flashback, a raccontarci i piccoli episodi di vita quotidiana vissuti prima della sua morte precoce. È sempre lei a fantasticare su quella che sarebbe potuta essere la sua vita, a cercare di viverla attraverso le esperienze di una sorella che, dal primo bacio fino alla maternità, percorrerà tutte le tappe tipiche della vita di una donna che a lei, purtroppo, sono state negate. Un diario scritto dall'aldilà, in cui l'autrice è brava a trasmettere i tratti tipici dell'adolescenza. Perché Susie, anche in quella sorta di limbo che è il suo cielo personale, continua ad essere ciò che era prima della sua dipartita: una semplice ed ordinaria ragazzina, con tutti i pregi e i difetti che ciò comporta. Ma dipingere la protagonista a tratti frivola, capricciosa, in alcuni frangenti un po' antipatica, non fa altro che renderla più normale, più realistica e per questo più amabile. "Queste erano le bellissime ossa cresciute intorno alla mia assenza: i legami - a volte esili, a volte stretti a caro prezzo, ma spesso meravigliosi - nati dopo che me n'ero andata. E allora cominciai a vedere le cose in un modo che mi lasciava concepire il mondo senza di me. Gli avvenimenti cui la mia morte aveva dato luogo erano semplicemente le ossa di un corpo che in un momento futuro imprevedibile sarebbe divenuto intero. Il prezzo di quel che ormai vedevo come un corpo miracoloso era stato la mia vita".