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After Dark
 
After Dark 2018-07-25 21:57:56 Rollo Tommasi
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
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Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    25 Luglio, 2018
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Testa e croce

Due sorelle: Eri (21 anni) e Mari (19).
Come facce della stessa moneta, sembra che non si guardino mai: se l’una tocca terra, l’altra è rivolta verso l’alto. Destinate a non incontrarsi.
Haruki Murakami le racconta attraverso una sola notte.
La vicenda di Eri si svolge in un’unica stanza, tra il letto dove dorme e il televisore che la guarda (proprio così: non è lei a scrutare lo schermo ma il contrario!). E’ assopita, al minimo vitale, come prigioniera (anzitutto di se stessa, si scoprirà nel corso della lettura).
La storia di Mari inizia nel bar dove è solita “rifugiarsi” nella lettura (anche lei, in qualche modo, prova a scappare da sé). Ma poi, per una serie di circostanze fortuite, quella storia si sposta all’interno di un “love hotel” – il posto dove in Giappone si incontrano, nel modo più anonimo possibile, prostituta e cliente – e lambisce il vicino seminterrato di un altro edificio, dove una band prova i suoi pezzi.
Una notte che Eri trascorre dormendo, e Mari raccogliendo confessioni e aprendosi a sua volta. Ricordando, ad un certo punto, che c’è stato un momento (tempo fa) e un luogo (un ascensore) nel quale lei e la sorella si sono abbracciate sulla stessa faccia della stessa moneta.
Due sorelle per i due diversi Murakami.
Quello intimista racconta Mari, solitaria e riflessiva, e le storie che nel corso della notte si intrecciano con la sua… a partire dall’episodio di Takahashi, giovane suonatore di trombone, per arrivare ad un esperto informatico abituato a lavorare di notte e ad un minaccioso motociclista che potrebbe appartenere alla Yakuza.
Quello onirico si dedica ad Eri. Ma la vicenda di quest’ultima, a differenza di altre narrate dall’autore (in “1Q84”, ad esempio), resta saldamente agganciata e parallela alla storia della sorella, facendo sì che in questo romanzo prevalga la traccia del reale (o del verosimile) su quella fantastica.

Come “Norvegian wood”, anche “After dark” richiama un pezzo musicale: si tratta di un vecchio brano blues che si sposa bene con il ritmo rallentato della notte.
D’altronde i luoghi dei romanzi di Murakami sono spesso descritti dalla musica in sottofondo (in questo libro succede spesso); come può accadere che i personaggi siano descritti, più che per i tratti somatici, dalle marche delle auto che guidano o degli indumenti che indossano. Citazioni di marche e brani che – per quanto a volte infastidiscano – contribuiscono ad individuare Murakami come il più “occidentale” tra gli autori giapponesi oggi in voga.
Uno scrittore che è in grado di guardare per vie alternative tra le pieghe dell’animo umano, ma che a volte annoia il lettore con dialoghi stereotipati, restituendo l’impressione di personaggi che si relazionano tra loro in modo goffo. In “After dark” accade nei primi contatti tra Mari e Takahashi, non sempre all’altezza di un’opera a cui, tutto sommato, non mancano spunti interessanti.
Non il miglior Murakami, comunque.

Indicazioni utili

Consigliato a chi ha letto...
a chi ha apprezzato "Tutto in una notte", film del 1985 di John Landis.
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Commenti

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Ottima recensione. Anche a me infastidisce un po' l'"occidentalismo" di Murakami, il quale fa sì che, leggendo i suoi romanzi, si fa fatica a credere che si ambientino davvero in Giappone (a parte il cibo e i luoghi geografici, tutti i riferimenti culturali sono americani od europei!). Anche il suo surrealismo alla lunga mi stanca, anche se riconosco in Murakami una facilità di scrittura impressionante. Credo che sia un autore un po' sopravvalutato, e non capisco come ogni volta che negli ultimi anni si sia parlato di Nobel per la Letteratura il suo nome sia sempre stato ai primi posti della lista dei papabili, davanti ad autori di ben altro spessore come Cormac McCarthy, Paul Auster e Philip Roth.
Sono del tutto d'accordo sul Nobel, Giulio: anche io non considero Murakami all'altezza del premio (ma nemmeno Paul Auster, ad essere sincero). Sulla dicotomia tra un Murakami onirico ed uno "essenziale" ho già scritto nella recensione di un'altra sua opera, affermando che il primo stanca anche me: non lo capisco. Ma è anche vero che ho trovato il suo "L'arte di correre" (non a caso un saggio) un libro veramente bello, interessante e ben scritto.
Grazie per il tuo giudizio.
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