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Il tempo d’una vita è sempre troppo breve.
In un romanzo breve Sylvie Schenk racconta la vita di Louise sin dalla adolescenza, ne descrive i sentimenti, le aspirazioni, le esperienze con una tecnica narrativa che è forse la cosa più originale del libro. Si tratta infatti di una autobiografia in seconda persona: è la stessa Louise che guarda a se stessa come a un personaggio altro da sé al fine di offrire una descrizione quanto più obiettiva dei fatti e degli eventi. Siamo negli anni cinquanta, gli echi della seconda guerra mondiale non sono ancora del tutto spenti e i giovani che vivono tra la Francia e la Germania ne sentono tutti i drammatici effetti. È dunque nel breve corso di una vita che si riassume la storia del mondo e si affrontano questioni di coscienza. È così che Louise si dibatte tra Henri e Johann, tra le sue radici francesi e il nuovo mondo di cui è entrata a far parte.
Tutto nella vita di Louise scorre velocemente, gli anni passano con una rapidità sconcertante, lasciando l’amara sensazione di non aver potuto rispondere ad alcun quesito, non aver potuto risolvere alcun problema, in modo particolare non aver potuto allontanare dai figli la pesante eredità delle colpe dei padri. Questo è senz’altro il tema più interessante del romanzo che tuttavia è stato forse sopravvalutato dalla critica che lo ha considerato un piccolo capolavoro.
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Confesso che non ho mai sentito parlare né del libro né dell'autrice.