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Ricordo dolceamaro
Ho più volte sentito definire questa novella come una lettura imprescindibile per il genere dei romanzi storici basati sul periodo della Seconda Guerra Mondiale, e più nel dettaglio dell’Olocausto. Terminata la lettura, posso finalmente dirmi pienamente d’accordo - ora con cognizione di causa.
Pur non brillando particolarmente per lessico o stile, questo volume è senza dubbio una delle maggiori e più forti testimonianze della Storia, e al contempo il racconto di un’amicizia tanto salda da sfidare le convenzioni sociali e lo stesso destino.
A qualcuno sembrerà stonato l’accenno alla testimonianza in un romanzo, ma è sufficiente leggere l’interessante introduzione a cura di Arthur Koestler per intuire più di qualche accenno autobiografico nell’opera di Uhlman.
La novella si concentra principalmente sulla Svevia dei primi anni ’30; in particolare, la storia inizia in un liceo dove Hans, figlio di uno stimato medico ebreo, incontrerà Konradin, erede di una nobile e ricca famiglia ariana.
I due ragazzi sono entrambi solitari e riservati, ma sentiranno subito una forte connessione che li porterà in poco tempo a diventare amici inseparabili, a discapito di ogni pronostico fatto dai loro compagni e, soprattutto, della volontà della famiglia di Konradin che disprezza gli ebrei e dimostra apertamente il proprio supporto al neonato governo nazionalsocialista guidato da Adolf Hitler.
Grazie all’amicizia di Hans, Konradin inizierà a porsi delle domande sulla sua fede, sia religiosa che politica; e se pure all’apparenza si manterrà fermo nei suoi principi originari, al lettore viene concesso di scoprire fino a che punto le parole dell’amico lo abbiano segnato.
Dal canto suo, anche Hans otterrà un importante insegnamento -essere fieri della propria famiglia e non temere il giudizio degli estranei-, ma forse sarà in grado di comprenderlo appieno solo anni più tardi.
Il romanzo ripercorre poi la partenza di Hans per quello che era allora un lido sicuro per gli ebrei europei, gli Stati Uniti, per poi concludersi con il ricongiungimento all’amico, promesso nel titolo.
Data la brevità del libro e il suo focus diretto al rapporto tra Hans e Konradin, ai personaggi secondari viene dato ben poco spazio. Nonostante ciò, il dottor Schwarz riesce a conquistare l’attenzione e l’affetto del lettore, distinguendosi per la fiera appartenenza allo Stato tedesco; e se inizialmente pare essere miope di fronte alle violenze contro gli altri ebrei, poi dimostra la sua lungimiranza. E uno straordinario coraggio.
Tra i due protagonisti invece, ho scoperto a poco a poco di preferire Konradin: sebbene la storia segua sempre il suo POV, Hans si rivela un mero narratore, mentre Konradin gioca un ruolo ben più attivo e affronta una difficile evoluzione, sempre in modo discreto ed onesto.
Per dei protagonisti tanto positivi ed apprezzabili dal lettore, Uhlman introduce una schiera di antagonisti di prim’ordine, a cominciare dagli immancabili bulli a scuola. Ben più pericoloso il ruolo giocato dalla madre di Konradin e dal loro insegnante di storia, deciso ad inculcare nelle giovani menti dei suoi allievi gli ideali di superiorità della razza ariana.
Il volume in sé non è un vero romanzo: per la sua brevità lo si può giustamente considerare una novella, ma più nel dettaglio è una serie di ricordi che il narratore ormai adulto ripercorre con la memoria. Questo si evidenzia maggiormente per la presenza di dettagli chiari solo in alcuni episodi e per la quasi totale assenza di dialoghi.
Come già accennato, l’autore propone uno stile abbastanza semplice; è però importante notare l’attenta scelta dei colori da usare nelle descrizioni. Con questo espediente, l’Uhlman pittore riesce a palesare la propria natura d’artista.
L’elemento che più mi ha affascinato nella novella è sicuramente il ritratto vivido e reale della vita a Stoccarda negli anni ’30, ma soprattutto la speciale percezione di quel momento storico e sociale filtrata attraverso gli occhi a volte ingenui, a volte fin troppo consapevoli, di un adolescente.
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Commenti
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Sì, io l'ho trovato molto commovente, soprattutto nel finale che mi ha distrutto emotivamente.
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Vedo che a te il libro è assai piaciuto. A me, più o meno. Forse gli preferisco il secondo libro della trilogia, "Un'anima non vile" che esprime il punto di vista dell'altro ragazzo.