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Novella degli scacchi
 
Novella degli scacchi 2018-06-21 07:31:18 kafka62
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kafka62 Opinione inserita da kafka62    21 Giugno, 2018
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IL GIOCO DEGLI SCACCHI, METAFORA DELLA VITA

Come in “Amok” (che, ricordo, narrava di una irrazionale e inesplicabile follia omicida, una sorta di “idrofobia umana”) anche in questa brevissima novella la protagonista assoluta è un’ossessione, una monomania, che rischia di portare chi ne viene posseduto alla pazzia. E come in “Amok” (il cui io narrante era spinto dal “fascino sconvolgente” per le situazioni psicologiche estreme e per le singolari persone che le incarnano) anche in “Novella degli scacchi” abbiamo un narratore il quale è attratto da “tutti i generi di persone monomaniache, chiuse in un’unica idea”. Persino la struttura narrativa è praticamente identica: un viaggio in nave nel corso del quale una lunga confessione e un colpo di scena finale suggellano il senso del libro. La differenza tra le due opere è che tra l’una e l’altra intercorrono venti anni, e fatalmente Zweig si trova a fare i conti non solo con gli strascichi della “finis Austriae”, ma anche con l’avvento del nazismo, con l’Anschluss e con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Ecco quindi che il dottor B., che è il vero protagonista del racconto (ben più del suo antagonista, il campione mondiale di scacchi Czentovic), è costretto a subire non solo il prepotente affacciarsi di una classe di “specialisti”, di uomini-robot che eccellono in un unico campo delle umane attività e per il resto fanno sfoggio di una disarmante ignoranza e mancanza di cultura, neo-barbari che non hanno alcuna remora morale a calpestare e mettere brutalmente da parte un’aristocrazia ricca di valori, di educazione e di buon gusto, ma inevitabilmente giunta al tramonto della storia; a subire non solo questo – dicevo – ma anche la subdola violenza di un’altra barbarie, politica questa volta, quella dei nazisti, pronti a usare tutti i mezzi per annientare gli avversari e diventare in breve tempo i padroni del mondo. Stefan Zweig dice tutto questo con il suo inconfondibile stile di estrema chiarezza, pulizia e precisione formale (oltre che di eccezionale economia narrativa: qui veramente si può dire che non c’è una sola parola superflua, tanto la sua prosa è asciutta ed essenziale, pur mantenendo una incontestabile eleganza di fondo), in una mirabile sintesi tematica che usa il gioco degli scacchi come folgorante metafora della vita. Gli scacchi per Zweig simboleggiano non soltanto la lotta tra il bene e il male, tra la vita e la morte, tra il conscio e l’inconscio, ma, con il precipitare del dottor B. nella schizofrenia, rappresentano anche la condizione psicologica dell’uomo del Novecento, condannato a vivere sulla sua pelle la tragedia della dissoluzione e della frammentazione dell’io.

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Commenti

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Bel commento, fra i testi brevi di Zweig questo e Amok sono al momento i migliori, per me.
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kafka62
22 Giugno, 2018
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Grazie Laura, sono pienamente d'accordo con te.

10 Luglio, 2018
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Personalmente ho apprezzato più la "Novella degli scacchi" di "Amok", soprattutto per il personaggio di Czentovic, precursore di ciò che la società di oggi richiede che siamo, degli "specialisti idioti".
Un punto debole della novella è secondo me rappresentato dalla totale e "manichea" contrapposizione a questo personaggio del Dottor B., erede di tutte le virtù del buon "mondo di ieri". A mio avviso davvero Zweig neanche poco prima del suicidio aveva capito davvero ciò che era successo dall'inizio del '900 in poi. In questo mi fa quasi tenerezza.

In risposta ad un precedente commento
kafka62
12 Luglio, 2018
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Devo confessare che neanche per me Zweig è un autore irrinunciabile. "Amok" o "Novella degli scacchi" non sono certo - e non potrebbero nemmeno esserlo, considerata la loro natura di racconti lunghi più che di romanzi veri e propri - dei "libri-mondo", come la "Recherche", "La montagna incantata", "Guerra e pace", "Infinite jest" o "L'arcobaleno della gravità": tutt'al più possono essere dei "libri-continente " o dei "libri-paese", e secondo me è un risultato per nulla disprezzabile. Le opere di Zweig non sono state forse all'altezza delle sue ambizioni (non lo so, non ho approfondito più di tanto la sua storia personale) e sicuramente nascondono una nostalgia passatista non al passo coi tempi nuovi, ma non vorrei che si cadesse negli errori della critica marxista di qualche decennio fa, che giudicava i film di Fellini non del tutto risolti perché incapaci di interpretare in maniera sociologicamente attendibile la realtà. In fondo tu stesso fai notare che il personaggio di Czentovic anticipa tutte quelle figure di specialisti-idioti che nella nostra epoca hanno proliferato in tutti i campi delle umane attività, dai calciatori ai cantanti e - ahimè - ai politici. Anche questo per me significa avere uno sguardo premonitore. Buone letture, Vittorio. D'ora in poi leggerò con molta attenzione i tuoi interventi, che trovo estremamente stimolanti.
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