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Dillo con un fiore
Nell'era contemporanea dove il quotidiano persiste in febbrile modalità 'on', sempre accesa e su di giri, piena zeppa di stress, problematiche e manie, può anche darsi che ad alcuni di noi, una cosa semplice come il simbolismo dei fiori e in particolare il messaggio che è possibile esprimere regalando il fiore giusto, possa essere considerata assolutamente demodé, per non dire una banalità o una roba 'da sciocchi'.
Ebbene, in questo romanzo, con semplicità e naturalezza si esalta l'importanza della comunicazione tramite i fiori, usanza ottocentesca ormai perduta, inducendo e accattivando chi non ne fosse a conoscenza ad un approfondimento sull'arte della florigrafia.
E poi si racconta di un viaggio, avventuroso e in solitaria, una faticosa traversata in mare.
L'esistenza stessa è un viaggio, è risaputo, e in questa storia di amiche al bivio dei quaranta la protagonista compie un vero e proprio lavoro di ricostruzione personale, una sfida col mondo fuori dal suo sé, che non ha mai assaporato a pieno per la pigra scelta di vivere da 'copilota' lasciando le decisioni agli altri, e lo fa tramite la navigazione in solitaria dello stretto di Gibilterra con la barca a vela lasciatole dal marito, morto da un anno.
Le quattro donne si conosco al Giardino dell'Angelo, un posto quasi magico dove le piante e i fiori regnano mentre la proprietaria del negozio, Olivia, una donna più grande e navigata, suggerisce loro in maniera indiretta e delicata certi preziosi accorgimenti di vita.
Siamo a Madrid nel quartiere più bohémien della città, dove pare abbiano vissuto anche Cervantes e Lope de Vega, in un'ambientazione pertanto ricca di sapori e colori da atmosfera passata nonché di una corposa creatività anticonformista e il nostro Giardino dell'Angelo è un posto quasi magico, armonioso e piacevole, al cui centro si erge un antico olivo ove è appesa 'l'altalena della riflessione'.
E' attorno a quest'ultima che le nostre amiche, nei momenti più critici e decisivi, ritrovano se stesse, ricaricandosi di energie.
In sostanza le righe della Montfort sono un costante invito alla connessione con i ritmi della natura, la quale è grazia e notevole fonte di ricarica e di autorigenerazione.
Può darsi che nelle ultime pagine l'autrice si sia lasciata cadere in piccoli tratti di banalità (attraverso la bocca delle protagoniste) con l'enunciazione di pillole psicologiche da frasi fatte, tipo “Concentrati su ciò che hai e non su ciò che perdi” oppure “Vivere può sporcare ma non deturpa”, ma nel complesso questo è un libro piacevolmente leggibile anche se, a mio parere, più carezzevole e appetitoso agli occhi di una lettrice.