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Islam tra Italia e Marocco
Ambientato tra Italia e Marocco, questo bel romanzo tocca non solo temi come l’emigrazione e l’estremismo religioso, ma anche l’amore e la solitudine dell’anima.
L’autore, Younis Tawfik, è uno scrittore e traduttore di origine irachena naturalizzato italiano e trasferitosi a Torino alla fine degli anni Settanta, nonché docente universitario e collaboratore di alcuni importanti quotidiani nazionali. Chi meglio di un immigrato (non so se, per di più, per motivi politici), può raccontare appunto l’esperienza dell’emigrazione in Italia e il non sempre facile adattamento alla realtà, anzitutto linguistica e culturale, del Paese di accoglienza? Mi è piaciuta molto, infatti, tutta l’impostazione della storia narrata, la cui protagonista è la giovane marocchina Karima che, sposando un italiano, lascia la propria terra, una forte delusione sentimentale e un passato di violenze in famiglia. Ma anche in Italia, trascorso l’idillio matrimoniale dei primi tempi, la vita per lei, preda di struggente nostalgia e vittima di facili pregiudizi in quanto musulmana (seppur senza velo e piuttosto laica), sarà tutt’altro che facile. Dario, suo marito, che si era convertito per pura formalità all’Islam soltanto per poterla sposare, finisce, paradossalmente, per accostarsi ad ambienti pericolosi e fanatici che, tra discutibili interpretazioni del dettato coranico e del concetto di jihad e veri e propri lavaggi del cervello, lo condurranno sulla strada senza ritorno del terrorismo. Il finale, naturalmente, non potrà essere lieto, ma non verrà comunque meno una piccola luce di speranza.
Con una prosa fluida e coinvolgente, e a tratti ricca di quella inconfondibile poesia araba, Younis Tawfik scrive una storia di grande profondità e anche molto dura sotto certi aspetti, senza abbandonarsi a scontati luoghi comuni né esasperare in modo ossessivo il sesso, come invece ho notato tende a fare talvolta (forse per meri interessi commerciali?) qualche penna femminile dal Golfo al Maghreb. Tra queste pagine, inoltre, ho trovato moltissimo del Marocco che conosco (luoghi, atmosfere, condizioni socio-economiche, mentalità, ipocrisie, addirittura sfumature di tramonti struggenti) e, con mia grande sorpresa, persino riferimenti letterari e musicali attuali.
Si mette molto ben in luce, oltretutto, qualcosa che ho notato da tempo e che concerne l’atteggiamento di numerosi convertiti italiani all’Islam: per ironia della sorte, spesso – faccio un discorso generalizzato, ma esistono ovviamente le eccezioni – questi diventano più intransigenti e tutt’altro che di larghe vedute rispetto a coloro che invece nascono in famiglie e stati musulmani! La cronaca è piena di esempi del genere; so addirittura di uomini, italiani, che una volta convertiti iniziano a farsi sostenitori all’improvviso di una rigida separazione tra i sessi rifiutandosi, per esempio, di stringere la mano a una donna, cosa che, sulla base della mia esperienza personale, tende a verificarsi sempre meno e in ben pochi casi persino negli stessi Paesi islamici. Tutto ciò, come si evidenzia pure nel romanzo, è indice di un Islam esasperato e manipolato da predicatori improvvisati animati da logiche e interessi sovversivi che danneggiano in primo luogo gli stessi musulmani. Insomma, nel complesso, importanti temi d’attualità ben inseriti all’interno di un’opera di narrativa. Per quel che mi riguarda, autore promosso e da approfondire!
“La solitudine come una nube oscura avvolge i cuori e rende le persone diverse, nervose, estranee nel loro pellegrinaggio notturno attorno al tempio dei ricordi, nella loro danza silenziosa dentro l’infinita distesa della nostalgia. La solitudine uccide. Prosciuga le radici dell’anima, rende la mente secca come un albero abbandonato dal vento nel cuore del deserto.”