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Invidia il prossimo tuo
 
Invidia il prossimo tuo 2018-04-23 12:13:29 antonelladimartino
Voto medio 
 
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Stile 
 
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Contenuto 
 
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antonelladimartino Opinione inserita da antonelladimartino    23 Aprile, 2018
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Nei liquami

Invidia e gratitudine, secondo la psicoanalisi, sono due sentimenti fondamentali, legati e opposti, molto simili e imparentati a odio e amore, altrettanto potenti, altrettanto precoci: entrano nella nostra vita molto presto, insieme al latte materno, e si insinuano in tutte le nostre relazioni e i nostri affetti, che sono sempre, più o meno, ambivalenti. Questo romanzo parla dell’invidia, della gratitudine quasi non c’è traccia.
Siamo tutti invidiosi? Più o meno sì, ma in modo diverso, e la differenza è importante. C’è chi di fronte a questo sentimento, spontaneo e involontario come tutti i sentimenti, non agisce contro la persona invidiata, prova vergogna, magari si reprime. Al polo opposto, c’è chi uccide. In questo romanzo l’invidioso non arriva a tanto, ma ne combina delle belle, e senza ombra di vergogna.
Chi invidiamo? Innanzi tutto, come suggerisce il titolo del romanzo, rivolgiamo questo sentimento contro il nostro prossimo, chi ci è vicino. Invidiamo chi è simile a noi e ha poco più di noi, quindi chi ha uno stipendio più alto del nostro. In genere, non invidiamo chi guadagna cento volte più di noi e sembra appartenere a un altro mondo.

Il peggio è che invidiamo nostri affetti, quelli ritenuti sacri: il fratello e la sorella (non è un caso se Caino è il primo omicida citato dalla Bibbia), il marito e la moglie, la madre e il padre, il figlio e la figlia. Si dice che l’invidia tra madre e figlia sia tra le più intense. Questo romanzo narra l’invidia tra due amici, e lo fa con toni tragicomici, intrisi di sarcasmo, usando un linguaggio molto vicino al parlato quotidiano, e mettendo in dubbio la natura dell’amicizia.

Lo sappiamo, nei confronti degli amici l’ambivalenza emerge spesso e volentieri. Nelle amicizie più autentiche la gratitudine prevale, compensa, ripaga e appaga il sottile veleno indesiderato, magari usando tempo e riflessione e autocritica. In questo romanzo l’amicizia che funziona è presente, ma come una sorta di associazione a delinquere, anzi a invidiare: un’invidia condivisa che si esprime sotto forma di critica, maldicenza, pettegolezzo. Nel legame di vecchia amicizia tra i protagonisti del romanzo, invece, anche questa alleanza viene tradita senza ombra di rimorso, mettendone in luce la vera natura: oltre il do ut des e l’eventuale gioco di potere latente, rimane poco.

Nel mio caso, la lettura è risultata gradevole ma priva di suspense: ho indovinato immediatamente, fin dalle prime pagine, che cosa stava per succedere. Il tema dell’invidia, per i miei gusti, potrebbe essere narrato con più attenzione per la sua complessità, ma nel romanzo ho trovato molto di più: oltre alla comicità ho apprezzato il vivido murale dipinto dall’autore sulle miserie dell’epoca contemporanea.

In un angolo, a spiccano alcune feroci, gustose parodie sulle mode alimentari. Nel lato opposto, splende una miniatura a tinte forti che ritrae una parte della nobiltà inglese, mai decaduta, che ottiene ancora la parte del leone e sa ruggire con grottesca eleganza, mentre la borghesia, anche se benestante, rimane sempre a rischio.

Al centro della scena, ammiriamo la natura dispettosa e instabile dell’ascensore sociale, passaggio obbligato per chi non è figlio del privilegio, per chi vorrebbe salire e ha qualche possibilità, ma riesce soltanto con l’aiuto di fortuna e fatica, in una società dove il merito conta ma non troppo e uno scivolone dalle stelle del lusso alle stalle della strada resta sempre in agguato, pronto a tagliare gambe e affetti con la facilità d’un machete. Forse è per questo che l’invidia è così forte, tra chi desidera salire e teme di precipitare,

Il romanzo narra anche, sempre con irriverenza non forbita, il mondo del giornalismo e dell’editoria, i meccanismi perversi del suo funzionamento, e lo fa con un sottofondo musicale interessante, offrendo l’occasione di assaggiare un altro microcosmo massacrato dalla contemporaneità.

Una lettura molto interessante, per chi come noi abita in un Paese stritolato da meccanismi simili, ma per certi versi di gran lunga peggiori. Il successo, il mito nato negli anni ottanta e mai decaduto, rivela i suoi lati più tristi. La scrittura di John Niven è irriverente, rapida, corrosiva. Da provare.

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