Dettagli Recensione
L'interiorità sotto la superficie
Eccomi a recensire un altro libro di Elizabeth Strout. Ormai è evidente che quest'autrice mi ha conquistata: mi piace tantissimo il suo modo di raccontare i personaggi; ciascuno con il proprio universo interiore che sfiora la vita cercando di essere compreso ed amato.
“Tutto è possibile” ricalca la struttura di “Olive Kitteridge”, ovvero si tratta di una serie di racconti che riguardano vari personaggi di una piccola comunità della provincia statunitense, tutti legati dalla figura di una protagonista. Stavolta siamo ad Amgash, in Illinois e le brevi narrazioni hanno come filo conduttore Lucy Barton, che fra l'altro ha anche un'altra particolarità: è stata la protagonista del precedente romanzo della Strout, “Mi chiamo Lucy Barton”. Ritroviamo quindi alcuni spunti narrativi già accennati nell'altro libro, entriamo nella vita di molti compaesani, parenti ed amici di Lucy Barton.
Devo ammettere che, pur stimando molto lo stile narrativo della Strout, tutto ciò mi è sembrato un pochino ripetitivo e mi ha impedito di gustare questa lettura fino in fondo.
Dopo aver amato “Olive Kitteridge” e aver molto apprezzato “Mi chiamo Lucy Barton”, sono stata letteralmente sommersa dalla piccola provincia americana e dalle storie di personaggi già raccontate nell'altro libro.
Si tratta di un romanzo delicato e profondo, con cui l'autrice ci parla ancora una volta dell'universo delle relazioni complicate che animano i vari tipi di famiglie, della solitudine, del desiderio di ogni persona di essere accolta ed ascoltata, insomma, frammenti di vita interiore ed esteriore di una multiforme umanità. Vengono inoltre riproposti alcuni temi che già erano presenti in “Mi chiamo Lucy Barton”: ad esempio la differenza fra le classi sociali ed il difficile reinserimento dei reduci di guerra nella società.
Di nuovo un romanzo profondo, intimista, bellissimo. Purtroppo anche la sensazione di averlo già letto.
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Un caro saluto,
Manuela
Un caro saluto anche a te
Chiara
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