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Morte, oh Morte.
«Salvo alcuni rari casi, come quelli dei già citati poveri moribondi dallo sguardo penetrante che l’hanno scorta ai piedi del letto con l’aspetto classico di un fantasma avvolto in lenzuola bianche o, come pare sia successo a proust, nella figura di una donna grassa vestita di nero, la morte è discreta, preferisce non far notare la sua presenza, specialmente se le circostanze la obbligano a uscire per la strada. In generale si crede che la morte, essendo, come qualcuno ama affermare, la faccia di una medaglia di cui dio, dall’altro lato, è la croce, sarà, come lui, per sua stessa natura, invisibile. Non è proprio così, Noi siamo testimoni attendibili che la morte è uno scheletro avvolto in un lenzuolo, abita in una sala fredda in compagnia di una vecchia e ferruginosa falce che non risponde alle domande, circondata da parti imbiancate lungo le quali sono disposti, fra le ragnatele, un certo numero di schedari dagli enormi cassettoni colmi di cartellini. È comprensibile dunque che la morte non voglia apparire alle persone in quella tenuta, in primo luogo per ragioni di estetica personale, in secondo luogo perché gli infelici passanti no muoiano dallo spavento nel ritrovandosi davanti, svoltando un angolo, quelle grandi orbite vuote. In pubblico, sì, la morte si rende invisibile, ma non in privato, come hanno potuto comprovare, nel momento critico, lo scrittore marcel proust e i moribondi dalla vista penetrante. »
È il 31 dicembre di un anno non definito quando, allo scoccare della mezzanotte, per l’essere umano giunge la tanto agognata eternità perché nessuno, semplicemente, muore più. Ma non è tutto oro, quel che luccica. Ben presto gli ospedali si riempiono, i moribondi vengono trasferiti nelle abitazioni in attesa di una dipartita che non arriverà (salvo appoggiarsi alla maphia per essere trasportati fuori dal confine dove Morte – perché il La davanti è un qualcosa di innominabile e ben oltre le nostre aspettative e visioni – al contrario ancora lavora), le case di riposo e di cura non hanno più posto, le assicurazioni sulla vita rischiano il collasso, la chiesta stessa perde la sua ragion d’essere e il Governo non sa come arginare il fenomeno. Di fatto, dopo sette mesi sopraggiunge dal nulla una missiva, una missiva contenuta in una busta viola in cui viene comunicato che, appunto, Morte, è pronta a tornare al lavoro e che a partire dalla mezzanotte della giornata stessa l’essere umano ricomincerà a morire ma con una nuova modalità: i prescelti riceveranno una busta con una lettera del medesimo colore violetto e avranno a loro disposizione otto giorni per poter sistemare gli affari in sospeso, far pace con chi hanno litigato e salutare i vari affetti. I decessi tornano a riprendere il loro regolare corso, certo, Morte si aspettava una diversa reazione da parte del genere umano vista la geniale e altruistica concessione, ma tutto va bene e scorre regolare fino a quando una delle tante comunicazioni torna ripetutamente indietro. Una, due, tre volte. Incessantemente. Che cosa farà dunque la nostra cara Morte per far fronte a questo inspiegabile intoppo?
Scritto con una penna rapida, acuta, riflessiva e ironica, “Le intermittenze della morte” riesce a far riflettere il lettore sul binomio vita con sofferenza e vita con morte. Lo scrittore riesce a mettere in luce pro e contro di ogni situazione: nel momento in cui nessuno più decede, il sistema finisce con l’essere sovraccaricato da moribondi, la soglia di vita si innalza sfornando un numero inferiore di giovani rispetto a quelli che in futuro dovranno essere accuditi, i familiari non riescono più a far fronte a quei moribondi di cui devono ininterrottamente prendersi cura tanto da dover ricorrere a carissime organizzazioni criminali per ovviare al “problema”, quando viceversa la morte torna a operare si ha un sovraffollamento di decessi a cui i medici legali non riescono a far fronte e le reazioni delle persone “informate” della imminente dipartita sono diametralmente opposte a quelle auspicate tanto che nessuno si preoccupa di pensare ai propri affari e di congedarsi dai propri affetti. Di fatto, protagonista indiscussa dell’opera è proprio Morte, con il suo scheletro, le sue orbite vuote, la sua falce, la sua stanza imbiancata e le sue lenzuola a far da abito. È una morte umanizzata che unisce emozioni e sensazioni nonché fisicità. Detto carattere subentra in particolare nella conclusione del componimento, momento in cui questa interviene personalmente per sanare la “lacuna” e in cui per la prima volta nella storia finisce con il riposare tanto che nessuno, quel giorno, muore.
Un elaborato semplicemente geniale.
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Commenti
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Già dalla prime pagine mi ha catturato per la sua ironia sottile, che piano piano ti porta a riflettere sulla morte e sul comportamento dell'essere umano.
Una situazione grottesca che fa risuonare molte corde e fa molto riflettere.
Sento che questo libro andrà ad aggiungersi alla lista dei miei "indimenticabili".
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Purtroppo, a questo libro (il mio primo Saramago) diedi soltanto tre stelle: avevo trovato lo stile di scrittura non troppo leggero per me; tuttavia, la seconda parte mi era piaciuta decisamente più della prima.
Dovrei decidermi a leggere altro di questo autore!