Dettagli Recensione
L'accumulo...
Ero ancora alle prime pagine di questo libro quando ha preso forma nella mia mente il primo aggettivo per definirlo: denso.
E non mi ero sbagliata.
Nel procedere con la lettura ho avuto la sensazione di avere i piedi affondati in un terreno fatto di pasta lievitata, era difficile andare avanti...ma non potevo comunque staccarmene. Ci affondavo dentro.
Mi sentivo rallentata, appesantita...senza riuscire a capirne il motivo.
Poi è stato lo stesso Barnes a spiegarmi il perché.
Sono in un'età della vita in cui il tempo comincia ad avere un suo peso, in cui inizio a chiedermi se la storia della mia vita sia davvero quella che mi sono raccontata finora, in cui inizia il lento processo "dell'accumulo"...in cui realizzi che l'esistenza "non è fatta solo di somme e sottrazioni, ma c'è anche l'accumulo, la moltiplicazione delle perdite, dei fallimenti".
Mi sono chiesta quanto io sia diversa da Tony Webster, da quel suo lasciarsi vivere, procedere a casaccio, prendere le cose così come vengono, costruendo una rete di ricordi, e aggiungendo vita alla vita...per poi magari, un giorno, scoprire la differenza tra addizione e crescita.
Mi sono specchiata dentro la vita di un uomo "medio" che, lungi dall'essere un eroe, deve fare i conti con i rimpianti ed i rimorsi, gestire i sensi di colpa cercando di non soccombere e rispondere a diverse domande cruciali.
Quanto ci si può fidare dei propri ricordi?
Quanto vengono smussati dalla nostra mente per aderire all'idea che, nel frattempo, ci siamo fatti di noi?
E qual è, alla fine, il senso di tutto?
"Si arriva alla fine della vita, no, non della vita in sé, ma di qualcos'altro: alla fine di ogni probabilità che qualcosa cambi.
Ci viene concesso un lungo momento di pausa, quanto basta a rivolgerci la domanda: che altro ho sbagliato?"
Un libro non facile...profondo, disincantato, amarissimo, per certi versi illuminante.
Non è un romanzo emozionale, niente sussulti o fiati trattenuti, no...Barnes qui è cerebrale, trasuda filosofia...e una grande malinconia per il tempo (inquieto, molto inquieto) che passa, la memoria, i ricordi e i loro inganni.
150 pagine ben cesellate (io ho apprezzato anche il finale criticato dai più).
La prosa è alta, elegante, sottilmente ironica...e subdolamente ti si insinua nella testa.
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Premetto di non aver letto questo autore. La visione pessimistica unita all'approccio cerebrale-filosofico, però, non mi attrae. Mi ricorda scrittori del primo Ottocento, come Leopardi, illustri vittime del pensiero materialista, che mi pare non abbiano valutato pienamente i limiti delle strettoie in cui all'epoca il pensiero filosofico occidentale ha sacrificato alla razionalità la meravigliosa complessità della vita.