Dettagli Recensione
Il sogno
Con “Il sogno infinito” Harry Bernstein continua il suo racconto autobiografico narrandoci quelli che sono gli avvenimenti successivi all’arrivo della sua famiglia negli Stati Uniti. Assistiamo alla crescita dei figli, implicitamente sosteniamo quella madre così determinata e forte che non vuol rinunciare ai sogni coltivati per i suoi cari, deprechiamo quel padre che nonostante tutto persiste a far propri quei vizi e quella violenza radicati sin dall’infanzia, sorridiamo per gli anni di prosperità che hanno consentito di avere denaro in casa, ci rattristiamo per quella depressione economica che al contrario questi agognati dollari se li è portati via. Infine, conosciamo un Harry adulto, scopriamo del suo amore con Ruby, del suo avvicinarsi alla letteratura, del suo doversi arrangiare con lavoretti saltuari e ancora salutiamo le vecchie generazioni che abbiamo incontrato con il primo capitolo.
Seppur il volume sia a tratti lento e ripetitivo, in particolare nel suo principio perché intento a ripetere – per agevolare il lettore – alcuni fatti già conosciuti ne “Il muro invisibile”, l’opera riesce a trasmettere con forza quelle esperienze comuni degli emigrati, quelle ansie per quell’inizio incerto, quella voglia di riscatto da un’esistenza dura, meschina, povera, quella continua ricerca di miglioramento, quella costante speranza nel futuro.
In particolare, tra tutte, la personalità che maggiormente spicca è quella della madre. Quest’ultima conquista con la sua semplicità perché rappresenta il fulcro, il cuore pulsante dell’intero nucleo familiare nonché del sogno infinito. È una figura costretta a non volare mai, a non prendere mai il volo perché ostacolata da quella distruttiva del padre, eppure la sua voglia di vivere, il suo auspicare a quel riscatto sociale non mancano di colpire e conquistare. A maggior ragione nell’epilogo. Tante altre, ancora, le tematiche trattate, quali la cultura e la religione ebraica, i preconcetti, le vessazioni rappresentate in Inghilterra da un muro invisibile che continua ad esistere anche nel nuovo continente, le difficoltà sociali, la crisi. Il tutto è descritto e ricostruito dall’autore con dovizia e cura.
Unica pecca dell’opera, lo stile. Questo purtroppo è sacrificato dalla forza evocativa del ricordo non risultando pertanto particolarmente brillante e/o erudito. Si limita all’esposizione dei fatti quasi come se fosse una cronaca, come se fosse il mero contorno a quello che è il racconto. Peculiarità, quest’ultima che si contrappone all’emotività dei fatti narrati.