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Un mondo alla fine del mondo
E se tutto questo fosse dentro la nostra testa? se questa lettera lunga fosse una sorta di emotiva voglia di raccontare un tormento interiore?
Il romanzo di Auster è un misto di distopia, introspezione e storia riscritta, alcune scene mi hanno portano alla mente gli anni nefasti della shoah, altre scene ricordano “La strada” di Cormac McCarthy. Una ricerca incessante, un resistere e soffrire che infastidiscono e colpiscono per la disumana area che si respira. Auster riesce a farci vivere in quel paese delle ultime cose, dove poco ha valore, dove la vita è solo uno dei tanti oggetti di scambio, solo l’amore riesce ad illuminare lievemente il buio che sembra ricoprire ogni singola giornata.
Non credo ci sia una sola chiave di lettura, ma questa lunga lettera mi ha fatto pensare ad un travaglio interiore, un voler romanzare una devastazione interna, come se il fratello da ritrovare e portare a casa fosse in realtà un desiderio di uscire da un incubo, da una sofferenza atroce, dove solo l’amore dà sollievo e permette di rimanere vivi.
La scrittura come medicina che allevia i dolori e la disperazione, Auster inventa un mondo alla fine del mondo, un antro buio da cui scappare sembra impossibile, o forse semplicemente non se ne ha la forza o la voglia.
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Commenti
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Non mi è dispiaciuto affatto.
Grazie
Ciao
Riccardo
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