Dettagli Recensione
Il Dio uomo, L'uomo Dio.
Con “Caino” Josè Saramago ci porta a spasso per la Bibbia rileggendo in chiave ironica e dissacrante episodi aventi ad oggetto l’emblema indiscusso della cattiveria. Lo scopo principale dell’autore è quello di comprovare il male assoluto di (e in) Dio per giungere infine a una condizione di nulla assoluto poiché risultato di un duello ad armi pari tra essere umano e divinità. Tesi di fondo dell’opera è nuovamente il male. Un male che è portatore di disperazione e cupezza, un male che intimorisce e impaurisce perché senza confini. L’uomo è, in particolare, al contempo, tanto bene quanto malvagità. Se preso in considerazione come gruppo la componente negativa prende il sopravvento su quella positiva della bontà; epilogo inevitabile è l’autodistruzione. A cornice di questa visione, un Dio capriccioso, burattinaio, giocoliere che si diverte a vessare la sua stessa creatura. Non esiste argine alcuno a questo fenomeno.
Un’opera, quindi, quella presentata, che non lascia alternative nel pensiero del lettore. Se nei Vangeli questo veniva trasportato nel dubbio, veniva spinto a interrogarsi sulla contrapposizione tra bene e male che è parte intima dell’essere umano stesso per infine intuire e – forse anche accettare/giustificare – la ricerca e il desiderio di fede, con “Caino” ciò non è accade. La creatura si sostituisce a un creatore e termina così la storia. Fatto questo, non c’è altro da raccontare. La vicenda è finita. Conclusa.
Stilisticamente Saramago è riconoscibile sin dalle prime battute, soprattutto per il suo connotato della punteggiatura. Nonostante il portoghese calchi molto la mano e si spinga lautamente oltre rispetto al passato, l’opera è più fruibile, invita alla riflessione e porta all’interrogazione di quel mistero che è l’intimo caos di ognuno di noi. E per riflesso o conseguenza, lo stesso caos va oltre alle iperboli narrative nutrendosi del sangue degli innocenti, delle ingiustizie, della povertà, delle malefatte, del dolore. L’unico che può, forse, cambiare le cose è l’uomo. Chissà. Due piani, due metri, due misure.
Non una semplice lettura proprio a causa di questo rimarcato spingersi al di là di, ma comunque un altro Saramago da conoscere e da non perdere.
«Come tutto, le parole hanno i loro che, i loro come e i loro perché. Alcune, solenni, ci interpellano con aria pomposa, dandosi importanza, come se fossero destinate a grandi cose, e, guarda un po’, non erano altro che una leggera brezza che non sarebbe riuscita a muovere la pala di un mulino, altre, parole comuni, parole solite, parole di tutti i giorni, sarebbero arrivate ad avere, in definitiva, conseguenze che nessuno avrebbe osato prevedere, non è per questo che erano nate, eppure hanno finito per scuotere il mondo.»
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