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MALEDETTI VECCHI
I romanzi di Irène Némirovsky sono ambientati negli anni inquieti della sua breve vita: dalla prima guerra mondiale all’avvento del nazismo, dall’euforia degli anni venti alla terribile crisi economica successiva, che annientò del tutto le prospettive di ascesa sociale delle nuove generazioni, lasciando il potere economico e politico in mano a pochi privilegiati, perlopiù attempati. L’attualità quasi inquietante di queste opere sembra indicare che la storia tende a ripetersi, soprattutto nei suoi lati più oscuri.
Ancora una volta, l’autrice si ispira alla sua costellazione familiare: la madre nemica, il padre addetto al denaro, la lotta crudele tra generazioni. Da questi presupposti nasce una trama avvincente, una narrazione incalzante in cui la protagonista e proprio la madre, l’odiata Jezabel. La narrazione svela a poco a poco il mistero di questo personaggio difficile, i suoi tormenti, le sue debolezze, la sua frivola ferocia.
Jezabel è ricca, ma la sua ricchezza non le basta e l’amore devoto, l’unico che cerca e desidera, non si può comprare. Jezabel si mantiene bene negli anni, rimanendo incredibilmente bella e fresca, ma l’apparenza dell’apparenza (la bellezza è soltanto superficie) non basta, deve mentire sulla sua età. La vera giovinezza e il vero amore sono finiti in fretta, troppo in fretta, e intanto sua figlia è già cresciuta, troppo cresciuta, e pretende il suo posto nella vita; ma se lei cominciasse subito a vivere, la vita di Jezabel si fermerebbe, lasciandola nel limbo senza emozioni della vecchiaia.
La penna dell’autrice non sembra spietata come in altri suoi lavori (Il Ballo). Non è spietata nel delineare il ritratto di Jezabel, svelando il bisogno di essere amata della seduttrice, una creatura fragile dal volto diabolico e dal cuore infantile. Non è spietata nel descrivere il lato buono delle relazioni umane, lasciandoci dolci briciole di speranza da gustare. Il pessimismo rimane invece nel raccontare il dialogo impossibile tra generazioni, rese nemiche dalla competizione nella lotta per la vita. Ancora più spietata è la legge che Jezabel deve seguire per non rinunciare alla sua illusione d’amore, e allora meglio assassina che vecchia, meglio assassina che ridicola, meglio morta che senza amore.
Com’è la vita di quegli anni, nelle alte sfere? L’amore, il piacere e il denaro sono le passioni che muovono le donne. I loro uomini inseguono il potere, il rischio, e il denaro. I figli sono legati dagli stessi fili che trascinano i genitori, ma si muovono contro di loro e non al loro fianco. I legami di sangue non sono abbastanza forti, non quanto la competizione per la vita. Anche allora, il conflitto è tra vecchi da rottamare e giovani bamboccioni.
“Maledetti vecchi, pensò serrando i pugni. Confondeva nello stesso odio Gladys, la madre di Laure e tutti quelli che si tenevano stretti i loro posti, il loro denaro, la loro felicità, lasciando ai figli solo la disperazione, la povertà e la morte.”
Una storia molto attuale e avvincente, che prova un effettivo cambiamento di mentalità nei confronti delle femmine umane che osano invecchiare: una volta il numero degli anni era una vergogna, oggi non lo è più, se l’aspetto rimane fresco e la magia della chirurgia plastica funziona bene. Un miglioramento, anche se piccolo.
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