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Il muro invisibile
 
Il muro invisibile 2018-01-24 17:00:01 Mian88
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    24 Gennaio, 2018
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'Arry, Lily, Arthur..

Primo capitolo della trilogia che rappresenta l’autobiografia di Harry Bernstein, britannico naturalizzato statunitense classe 1910 e che è composta dai successivi due romanzi intitolati “Il sogno infinito” e “Il giardino dorato”, “Il muro invisibile” racconta le vicende dell’autore, un bambino ebreo che vive con la madre fortemente devota alla religione, un padre violento, Jack, rude e bevitore e i cinque fratelli, in quel di un quartiere operaio di Lancashire. Non è una realtà semplice quella in cui cresce il protagonista essendo la sua vita divisa sempre e comunque dal quel muro invisibile che separa la sua popolazione da quella cristiana risiedente, appunto, sull’altro lato della via. Povertà e penuria sono all’ordine del giorno per la famiglia; la madre è oberata dalle faccende domestiche e dalla crescita della prole, soltanto con il discorrere degli anni riesce ad aprire una piccola attività di vendita diretta di beni ortofrutticoli nel proprio salotto mentre il marito lavora in una sartoria ma spende tutto quel che guadagna in alcol e nel gioco. Le relazioni tra cristiani e ebrei non sono ben viste, in particolare questi ultimi ritengono che nel momento in cui viene intrapreso un rapporto con i primi non vi è altro che la morte: chi materialmente ha intavolato suddetto legame, viene considerato deceduto da parte dell’intero nucleo familiare di appartenenza che pertanto ne celebra il funerale. E questo è proprio quel che succede a Sarah, ebrea, e Freddy, cristiano, due ragazzi che scoperti nel loro amore vengono brutalmente separati per poi, essere considerata, la giovane, appunto, non più in vita. I basetemas, altresì, non sono particolarmente riguardosi con i giudei tanto che le vessazioni non mancano di essere protagoniste nelle giornate scolastiche. In aiuto dei piccoli Bernstein accorre sempre più frequentemente Arthur Forshaw, cristiano, che dalla sua postazione sugli “Scalini del Diavolo” li attende e scorta sino all’inizio della strada di casa. Lustro dopo lustro, vicissitudine dopo vicissitudine, il ragazzo e Lily, la sorella maggiore di ‘Arry, finiscono con l’innamorarsi. Riusciranno a coronare il loro sentimento? E quale ruolo avrà il fratellino nella loro storia? Quali sorti riserverà il futuro per i familiari del compositore?
Con una penna semplice, fluente, poco impegnativa e chiara l'ideatore crea un romanzo che riesce non solo a toccare il cuore dei lettori ma anche a far rivivere quelli che sono stati alcuni gli anni più duri e bui della nostra storia. Mediante la sua poetica riusciamo concretamente a riassaporare usi e costumi del tempo, conosciamo e approfondiamo aspetti della religione ebraica non così consueti e ancora otteniamo un quadro completo di quella che era la situazione socio-economica del primo 1900. Una panoramica, a 360 gradi.
Non solo. Bernstein riesce a far commuovere, a far sorridere, a far sperare e a ricordare che non sempre nell’esistenza le cose vanno come vorremmo. Battuta dopo battuta è impensabile non restare affascinati da quel che accade, non tifare per un amore contrastato da tradizioni e religioni, non condividere le speranze per un futuro migliore, non fermarsi a riflettere sul quanto la vita possa essere meravigliosa e ingiusta al contempo.

«Non c’è eroismo. Qui c’è solo sporcizia e fango e freddo e umidità, e uomini che piangono come bambini e facce di morti che ti fissano e corpi che giacciono ammucchiati e in silenzio e odore di morte tutt’intorno, e crepitio di fucili, e lampeggiare di spari che portano alla morte. E non c’è nemmeno valore. Gli uomini devono essere spinti di forza all’attacco, pungolati con il calcio dei fucili, minacciati con le pistole dagli ufficiali, mentre i soldati tremano dalla paura, e qualche volta piangono anche, e vanno alla cieca, come pecore terrorizzate, spinte al macello. Qualche volta mi domando come gli uomini possano aver mai scritto della gloria della guerra e dipinto quadri che rappresentano questa gloria. La realtà è tutto il contrario. L’ho imparato sulla mia pelle e non penso che potrei continuare ad andare avanti se non sapessi per quale motivo combattiamo, poiché questa potrebbe essere veramente la guerra che mette fine a tutte le guerre. E’ quello che mi tiene in vita e mi fa andare avanti, il pensiero del mondo nuovo che questa guerra porterà con sé. Metterà fine a molta della miseria che c’era prima, alla povertà tanto per cominciare, io spero, e in particolare alle differenze che hanno sempre separato le persone l’una dall’altra… [..] Come le religioni, tanto per cominciare. Lo vediamo tanto chiaramente nella nostra strada, non è vero Lily? E’ come se ogni lato appartenesse a un mondo diverso, eppure sappiamo bene che non è vero, che siamo tutti uguali e facciamo tutti parte dello stesso mondo. Spero che, quando farò ritorno – se farò ritorno (abbiamo tutti la credenza superstiziosa che, se esprimiamo questo dubbio, le nostre probabilità di sopravvivenza saranno maggiori. E’ un po’ infantile, ma lo dico comunque) – se farò ritorno tutto questo sarà spazzato via, e non ci sarà più un muro tra i due lati della strada. Ma questo non è che un esempio, una metafora. I miei orizzonti sono più ampi della nostra strada. Sto pensando al mondo intero. Al mondo nuovo che verrà dopo la carneficina..» pp. 192/193

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