Dettagli Recensione
Quell'addio che non è altro che un arrivederci.
«Non sei più una bambina piccola, Elsa. Dici sempre che ti devo trattare da adulta, quindi smettila di rispondere come una bambina. Perché devi fare a botte con i compagni?» Elsa gioca con la guarnizione della portiera. «Perché mi sono stancata di correre» p. 75
Elsa ha poco più di sette anni quando il suo supereroe, la nonna, muore. Matura, particolarmente intelligente, saggia e colta, è considerata una diversa e per questo spesso è costretta a scappare e/o a difendersi dalle vessazioni dei compagni nonché a rifuggire dagli adulti che, intimoriti da questa sua mente arguta, tendono ad allontanarla. Ma è anche una bambina fantasiosa, una bambina che fa di Miamas, un mondo almeno in principio inventato dalla sua eroina, la linfa vitale. Questo è il luogo dove tutto accade, dove la consuetudine è invertita, dove creature mitiche e meravigliose convivono con propri schemi e principi. In comune con il suo modello ha la scarsa passione per le regole, per la banalità per la monotonia e la ripetizione del quotidiano. Perché la nonna, che ha vissuto quasi tutte le avventure di Harry Potter, è il caos, perché la madre, che ha contrasti con la prima per rancori e dolori radicati, è l’ordine.
Ed è quando questa viene a mancare che la piccola si rende conto di aver conosciuto soltanto una parte di lei. Ed è quando questa viene a mancare che ha inizio una nuova fiaba, una inaspettata avventura: Elsa si riscopre prima attrice di una favola in cui il suo compito è consegnare le lettere di scusa della madre della madre a quelle persone che sono state importanti nel suo trascorso e che attualmente risiedono nel condominio-castello in cui tutti i protagonisti vivono.
Sempre in bilico tra realtà e finzione, si materializzano personaggi che finiscono con il diventare i veri amici della solitaria e isolata bambina. Conoscerà – sempre accompagnata dalla sua irrinunciabile sciarpa di Grifondoro – Cuore di Lupo, il Wors (che nasconderà in cantina), la donna con la gonna nera, l’alcolista, il cacciatore di sogni, il Troll, Orah, il bambino con la sindrome, la poliziotta dagli occhi verdi e chi più ne ha più ne metta! E imparerà, ancora, che «non tutti i mostri sembrano mostri. Ce ne sono alcuni che i propri mostri se li portano dentro».
Nel mentre deve fare anche i conti con “Metà” il fratellastro di cui la madre e il nuovo compagno, George, uomo completamente diverso dal sefarico e dubbioso padre naturale, sono in dolce attesa, nonché con Britt-Marie e quegli altri affittuari, comparse dirette o indirette, che prendono parte alle vicende.
L’intera storia, ancora, ruota attorno a una semplice domanda: chi era veramente la nonna? Qui, subentrano sentimenti contrastanti. Pian piano che la nipote viene a conoscenza del suo passato e delle sue pecche, inizia ad odiarla, dall’altro lato non può fare a meno di volerle bene tanto che si chiede se mai riuscirà a perdonarla per, ad esempio, essere stata carente e assente con la propria figlia. Saranno proprio le novelle a rispondere a questa domanda, a far emergere la bellezza della diversità, a dare la forza di credere in qualcosa, ad insegnare l’arte di ascoltare e a dare la forza di confessare di voler essere ascoltati, ad insegnare la bellezza della conoscenza, a convivere con il sapore acre della sofferenza, a coltivare la forza del perdono e della rinascita e a prendere la vita con una saggezza e dimensione differente da quella meramente consolidata nella falsa riga dell’apparenza.
Elsa non è il classico personaggio che possiamo trovare in molti romanzi. Ella è una giovane donna con uno spirito indomito, una sapienza e profondità unica, una maturità inveterata. È la fautrice di una fiaba non fiaba, di un perfetto connubio tra esistenza e immaginazione ed altresì è colei che si fa portatrice di tematiche di grande impatto sociale. Si passa dal bullismo, alla diversità, all’accettarsi, alla volontà di condivisione, all’amore, alla famiglia, all’amicizia, alla difficoltà di trovare la propria dimensione e i propri affetti, alla forza dei sogni e delle speranze, all’elaborazione del dolore, all’elaborazione del lutto e della perdita, all’importanza della conoscenza e dell’esperienza, al semplice desiderio di essere capiti e di trovare il proprio posto nel mondo.
Il tutto accade con quello stile leggero, fluente e geniale a cui Backman ci ha abituato. Perché leggendo questo componimento il lettore è trasportato in un universo esilarante, in cui ride, sogna, ha il groppo alla gola. In cui chi legge viene trafitto senza remore dalle vicissitudini sino ad essere colto nel profondo da un mix di problematiche e da una morale inconfondibile. E ritrova, come nel mio caso, personalità – Britt Marie – che nella loro complessità inducono nuovamente alla riflessione.
«Catastrofi inverosimili provocano nelle persone conseguenze inverosimili, dolori inverosimili, eroismi inverosimili. Molta più morte di quanta possa abbracciarne l’animo di qualunque uomo. [..] Nel mondo reale, nell’ordine, lei era il caos. [..] Facciamo quello che fanno tutti, facciamo tutto quello che possiamo» p. 145