Dettagli Recensione
Il boia aveva una figlia
“La figlia” di Clara Uson Sellerio 2013
Il 24 marzo 1994 Ana Mladic, figlia del Boia dei Balcani Ratko, si uccide.
La scrittrice catalana Clara Uson prende spunto da questo episodio per costruire un bellissimo romanzo, “La figlia”, un potente affresco epico sulla guerra nella ex Jugoslavia.
L’autrice intende ripercorrere, attraverso gli occhi di Ana, tutti i particolari della vita della giovane donna e del suo rapporto con un padre ciecamente ammirato. Tuttavia, afferma Clara Uson, “il mio libro non è solo su Ana Mladic, volevo raccontare la grande tragedia collettiva della disintegrazione dei Balcani, della guerra e del vergognoso comportamento dell’Europa”.
E ci riesce perfettamente l’autrice, facendoci vivere una tragedia storica che si intreccia e si accompagna alla tragedia tutta privata e personale della protagonista, con un libro ponderoso ma che, nell’impossibilità di abbandonarlo fino alla fine, si lascia leggere tutto d’un fiato.
In una terra in cui Albanesi, Turchi, Sloveni, Ebrei, Cattolici, Serbi e Musulmani vivono sotto la stessa bandiera senza tener conto né di “razze” né di religioni, la morte di Josip Broz, il controverso maresciallo Tito, mette fine alla pace ed alla concordia di questa nazione multietnica. Un acceso e sanguinario nazionalismo sprofonda i Balcani nella distruzione e nell’orrore: fratelli, amici, parenti, vicini di casa di colpo diventano nemici, in un terribile abisso di pazzia ‘legittimata’ dall’ appartenenza etnica e religiosa. “..quando il maresciallo morì scoprimmo che… non eravamo fratelli, nemmeno cugini… eravamo nemici. Come dimenticare Jasenovic, uno dei più grandi campi di concentramento nell’Europa del Terzo Reich, fondato da ustascia croati e diretto da sacerdoti cattolici dove erano morti seicentomila Serbi?”
E Sloboda Milosevic diventa presidente della Repubblica dei Serbi e leader delle loro rivendicazioni: tutti i Serbi in un solo stato per creare la Grande Nazione!
Esattamente in questo momento storico si muovono i due personaggi principali della storia: Ana e Danilo Papo.
Ana è una ragazza allegra, spensierata, brillante studentessa di medicina. Convinta che il suo popolo, i serbi, debbano imbracciare il fucile per la causa nazionale, ha abbracciato le idee di questo padre adorato, militare famoso, che lei considera un eroe che combatte per difendere il suo popolo. Lui, Ratko, adora sua figlia e lo dimostra con la violenza che gli è propria: la chiama “figliolo” al maschile per sottolineare che le vuole un grandissimo bene come solo ad un figlio maschio si può volere.
Tutto cambia con un viaggio a Mosca. In compagnia degli amici, grazie ai loro discorsi, Ana piano piano comincia ad aprire gli occhi e a capire chi sia veramente suo padre. Il generale Ratko Mladic non è un eroe, è il boia dei Balcani, è un pazzo criminale che si è macchiato di delitti orrendi. Al suo ritorno a casa Ana è cambiata, la sua vita è sconvolta: non riesce più a studiare né a stare con gli amici. Niente per lei sarà più come prima. L’autrice con acume e sensibilità, ci accompagna in questa lenta e inesorabile presa di coscienza di Ana, in questo suo annullarsi senza riuscire a reagire! Ana non è però in grado di condannare e rifiutare suo padre, può solo rinunciare a vivere. E noi lettori ci indigniamo per la fine di questa giovane donna che, se cerca all’inizio di conservare o ricostruire un affetto per suo padre, di ritrovare un residuo di stima, crolla quando leggerà i diari di guerra del generale. Avrà la certezza della disumanità di questo padre che, di proposito, ha mandato il suo ex-fidanzato, Dragan, a morire sul fronte. Una certezza che la ragazza non è in grado di sostenere.
Come in una tragedia greca il suo gesto non fermerà la storia: suo padre, dopo la morte della figlia, ordinerà l’operazione ‘Stella’ (come usava chiamare la figlia!), l'offensiva su Goradze e da lì su Srebrenica dove avverrà, sotto gli occhi di 600 caschi blu, l’eccidio di oltre diecimila civili bosniaci.
L’altro protagonista, Danilo Papo è un personaggio di fantasia, che rappresenta l’ideale della convivenza pacifica fra i popoli: amico e spasimante di Ana, Danilo è ebreo di Saraievo figlio di madre serba ortodossa e amico di croati e musulmani. Lui è la voce narrante dei vari avvenimenti storici che si dipanano nei capitoli che si alternano a quelli che raccontano la storia di Ana. Otto capitoli che delineano, con un amaro sarcasmo, il ritratto di altrettanti ‘eroi’ serbi aprendo una terribile galleria di criminali di guerra: Slobodan Milosevic, Radovan Karadzic e, appunto, Ratko Mladic. Karadizic che, spinto da Slobo, fu il fondatore del partito democratico serbo in Bosnia Erzegovina, dove “le etnie si distribuivano a macchia di leopardo”, e che aveva l’obiettivo di unire i Serbi di Bosnia ed i Serbi di Croazia alla futura Grande Serbia; e lui, Ratko Mladic, che dalle colline di Saraievo ordinava di sparare alla cieca senza distinguere fra militari e civili… ”di mirare alla carne per farli impazzire”.
Ma chi è impazzita è Ana, perché non è fuggita dal padre, perché, forse, ha creduto alle dure parole dell’amico Petar che, convinto che lei non sia presente, afferma : “Se mio padre fosse un bastardo serial killer, mi sentirei responsabile. Per ogni vita che la dottoressa Ana Mladic salverà, suo padre avrà lasciato migliaia di cadaveri”.
Un romanzo da leggere, quindi, non solo per conoscere la storia ma per pensare che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli.